Noura Hussein, la corte d’appello salva la giovane sudanese dalla condanna a morte

Una corte d’appello sudanese ha annullato la sentenza di primo grado che aveva condannato a morte Noura Hussein, diciannovenne che uccise il suo stupratore.

Noura Hussein è salva. La diciannovenne sudanese, vittima di stupro e condannata a morte per aver ucciso il suo aguzzino, non sarà uccisa. Una corte d’appello della nazione africana ha infatti annullato la sentenza emessa di un tribunale di primo grado, che l’aveva ritenuta colpevole di omicidio intenzionale.

“Una decisione di una crudeltà intollerabile”, aveva commentato Seif Magango, vice-direttore regionale di Amnesty International. Dalla denuncia dell’associazione umanitaria, era nata una mobilitazione internazionale, arrivata a coinvolgere anche le Nazioni Unite. La stessa Amnesty ha raccolto in poco tempo 400mila firme per chiedere di riformare la sentenza di condanna.

Noura Hussein condannata a cinque anni di reclusione

I giudici d’appello hanno accolto il ricorso  presentato dall’avvocato di Noura, e tenendo conto di tutte le attenuanti hanno deciso di condannarla a cinque anni di reclusione (uno dei quali già scontato), nonché al pagamento di una multa di 337.500 sterline sudanesi (circa 12.000 dollari americani).

La vicenda era stata raccontata da Amnesty International: secondo la ong, nel mese di aprile del 2017, quando era ancora adolescente, Noura fu costretta a trasferirsi dal marito. La ragazza, però, rifiutò di consumare il matrimonio, così lo sposo decide di violentarla, servendosi a tale scopo dell’aiuto di due suoi fratelli e di un cugino.

“Il 2 maggio 2017 – ha scritto l’associazione – i tre uomini hanno bloccato Noura per consentire al marito di stuprarla. Il giorno dopo, l’uomo ha tentato di violentarla di nuovo, ma lei è riuscita a scappare in cucina. Ha impugnato un coltello e nella colluttazione ha colpito a morte l’uomo”.

Foto di apertura: una manifestazione a sostegno di Noura Hussein. Immagine tratta da Twitter

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