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L’attivista messicano Gustavo Castro Soto, testimone del delitto, è stato fermato all’aeroporto mente cercava di tornare in Messico. E accusa la polizia di aver alterato la scena del crimine.
Il popolo honduregno sta ancora piangendo la morte di uno dei suoi leader più carismatici e influenti, Berta Cáceres, la militante ecologista uccisa a colpi di arma da fuoco lo scorso 3 marzo. La scia di sangue potrebbe però allungarsi ulteriormente in quello che la ong Global Witness ha definito il posto più pericoloso per un attivista ambientale.
Ad essere in pericolo è Gustavo Castro Soto, attivista messicano appartenente alle organizzazioni non governative Otros Mundos, Amigos por la Tierra México, Rema, la Rete messicana dei danneggiati dalle miniere nata in Chiapas nel giugno 2008 e il Movimento Mesoamericano contro il Modello Estrattivo Minerario (M4). L’uomo è l’unico testimone dell’omicidio di Cacéres, quella notte infatti era ospite in casa della donna, l’indomani avrebbero dovuto partecipare insieme ad un incontro sulle energie rinnovabili.
Quando il commando armato è penetrato nell’abitazione e ha ucciso la leader del Copinh (Consejo Civico de Organizaciones Populares e Indigenas de Honduras), Gustavo Castro Soto è stato ferito a una mano e a un orecchio e si è salvato fingendosi morto. Soto potrebbe dunque fornire informazioni preziose per identificare gli assassini di Berta Cáceres, non è detto però che il governo honduregno cerchi questo tipo di informazioni. Proprio la madre dell’attivista uccisa ha dichiarato apertamente di ritenere il governo responsabile della morte della figlia.
Lo scorso 6 marzo l’uomo, sentendosi in pericolo, ha cercato di lasciare l’Honduras per tornare in Messico ma il governo glielo ha impedito, bloccandolo all’aeroporto di Tegucigalpa. Secondo le fonti governative l’attivista messicano sarebbe trattato come un testimone protetto, gli attivisti del Copinh sostengono invece che sia trattenuto contro la sua volontà.
Gustavo Castro Soto, al quale l’Honduras dovrebbe “assicurare l’integrità fisica per tutto il periodo necessario a preparare e completare il suo allontanamento dal Paese”, secondo la Commissione interamericana per i diritti umani (Cidh), è stato condotto a La Esperanza, dove è stata uccisa Cacéres, per essere nuovamente interrogato dai pubblici ministeri. Secondo la denuncia di Otros Mundos Chiapas, il governo honduregno non avrebbe spiegato ufficialmente per quale motivo il cittadino messicano sia trattenuto nel Paese.
“Viene trattenuto perché vorrebbero usarlo per manipolare la sua versione dei fatti”, fanno sapere fonti vicine alla famiglia Cacéres. Dal canto suo la procura ha iscritto nel registro degli indagati un militante del Copinh, l’organizzazione delle popolazioni indigene, che Berta Cacéres aveva contribuito a fondare, teme che la magistratura voglia derubricare l’omicidio a “delitto passionale”.
“Gustavo Castro non viene trattato come una vittima di un tentato omicidio, la sua vita viene messa a rischio e gli viene negato il diritto alla libera circolazione”, si legge in un comunicato di Otros Mundos. Silvio Carrillo, nipote di Cáceres, ha affermato che a Soto non è stato permesso di dormire né di cambiarsi gli abiti insanguinati dopo l’attacco, mentre lo stesso attivista messicano, al quale è stato offerto aiuto medico solo tre giorni dopo la sparatoria, ha affermato che la scena del crimine è stata alterata. Ha infine aggiunto che gli investigatori gli hanno chiesto di visionare delle immagini per identificare possibili sospetti, “ma con mio rammarico tutti i video e le foto che mi hanno mostrato ritraevano marce e manifestazioni del Copinh”.
I quattro figli di Cáceres hanno evidenziato la necessità di una commissione internazionale imparziale “poiché è già stata dimostrata una mancanza di oggettività nel modo in cui sono state avviate le indagini nel Paese”. Nonostante le evidenti reticenze del governo un intero popolo chiede giustizia e la fine dell’impunità per i colpevoli, al grido di “Berta no muriò, se multiplicò”.
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