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Nei 4mila metri quadrati di una scuola informatica del quartiere Batignolles si è insediata la collezione permanente di Art42 interamente dedicata a graffiti, murales e opere di arte urbana.
Una simpatia forse sorprendente, ma non per questo meno collaudata e longeva, quella tra la Ville Lumière e la cosiddetta street art: malgrado la sua maestosa e incantevole monumentalità, abbinata a una cura scrupolosissima e costante degli spazi pubblici urbani, Parigi accoglie da sempre, in appropriati luoghi e contesti, graffiti, murales e varie altre espressioni della creatività metropolitana più estemporanea.
Trattandosi poi della capitale europea dotata di uno dei sistemi museali più progrediti e reticolari del mondo, era quasi inevitabile che dopo tutte le varie numerose branche della produzione artistica, accanto alle cere, i profumi, le tecniche industriali, la moda e simili, perfino l’arte di strada trovasse nella metropoli francese la via, per certi versi paradossale, della musealizzazione.
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Dallo scorso autunno la street art ha infatti eletto domicilio nel 17ème arrondissement, nei pressi di place de Clichy e nel cuore tipicamente “bobo” (acronimo di bourgeois-bohémien) del quartiere delle Batignolles.
Una collezione di 150 opere realizzate da ben 50 tra i più noti esponenti del genere – da Monkey Bird a Romain Froquet, da Shepard Fairey a Banksy – accolti in esposizione permanente entro i 4mila metri quadrati di uno spazio apposito denominato Art42.
La concezione logistica del progetto Art42 appare tutt’altro che casuale, bensì aderente a un’ispirazione particolarmente originale e allusiva, dato che il nuovo museo sorge nei locali di un’omonima scuola informatica, l’École 42, fondata dal miliardario Xavier Niel con modalità prettamente filantropiche e no profit, ovvero totale gratuità, apertura 24 ore su 24, 7 giorni su 7, e accesso consentito a qualunque aspirante allievo, anche privo di diploma di maturità, che voglia affinare le proprie abilità di sviluppatore informatico.
Una filosofia, quella dell’École 42, che denota immediata consonanza con lo spirito ubiquo e indomito della street art e predilige, secondo Nicolas Laugero-Lasserre (proprietario della collezione esposta e promotore, insieme a Niel, dell’iniziativa museale) il medesimo genere di linguaggio anticonvenzionale e refrattario a ogni barriera.
Proprio in forza di queste sinergie e affinità, dopo l’esperimento svoltosi qualche anno fa, sempre a Parigi, con la mostra temporanea di La Tour 13, con Art42 l’arte di strada approda ora allo stadio ulteriore dell’esposizione permanente, con tutti i dilemmi, sia ideologici sia tecnici (sradicamento delle opere dal loro contesto originario ecc.) che l’operazione comporta.
Tra gli street artists inclusi nel nuovo museo parigino figura anche il nostrano Blu, protagonista lo scorso anno di un’accesa polemica relativa proprio alla palese contraddizione che in molti rilevano tra un’arte intrinsecamente votata all’estemporaneità e all’occupazione libera e spontanea di spazi alternativi, e un processo di appropriazione capitalistico-museale che rischierebbe di snaturarne i connotati.
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La questione, come spesso accade nell’intricatissimo universo dei rapporti tra arte e capitale, è assai più complessa e sfumata di come appare, innanzitutto perché la vendita delle opere – e dunque il loro inserimento in collezioni pubbliche o private – rappresenta una delle principali forme di autofinanziamento degli stessi street artists, che in tal modo sovvenzionano anche i propri spostamenti in giro per il mondo alla ricerca di luoghi idonei ad accogliere le loro creazioni.
Inoltre, come sottolineato da Magda Danysz, gallerista ed esperta del genere, la musealizzazione rappresenta anche una forma di legittimazione o riconoscimento ufficiale degli artisti di strada, a fronte del regime repressivo attualmente in auge nei troppi paesi che scelgono di punirli o addirittura incarcerarli, nonché, forse, una sorta di paradossale e a sua volta “ribelle” dilatazione del concetto stesso di museo.
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