
Online il bando per il progetto Ecodesign the Future di Erion Energy e Economiacircolare.com: dopo il corso sul packaging, il nuovo focus è sulle batterie.
L’azienda californiana ha realizzato una nuova muta da surf in gomma proveniente da fonti certificate, la prima senza neoprene.
Il tessuto con cui, da sempre, sono realizzate le mute da immersione è il neoprene, una gomma sintetica creata negli anni Trenta dall’azienda DuPont Performance Elastomers. Questo materiale ha delle innegabili qualità, è isolante e resistente all’acqua e ai raggi Uv, è dotato di una buona elasticità e di una grande resistenza. Il neoprene viene però ricavato dalla lavorazione del petrolio e ha quindi un impatto ambientale significativo.
Patagonia, l’azienda di abbigliamento outdoor che cerca costantemente di ridurre il proprio impatto ambientale, ha presentato una nuova muta da surf, la prima al mondo realizzata senza neoprene. La nuova muta, disponibile in diversi modelli per uomo, donna e bambino, è realizzata totalmente con gomma naturale proveniente da fonti che rispettano gli standard fissati dal Forest Stewardship Council e certificate da Rainforest Alliance. Fsc rappresenta il principale meccanismo di garanzia sull’origine del legno o della carta e certifica la provenienza delle materie prime da foreste dove sono rispettati precisi standard ambientali, sociali ed economici.
L’azienda fondata da Yvon Chouinard ha iniziato ad utilizzare la gomma naturale nei propri capi di abbigliamento nel 2014, quando ha iniziato a collaborare con Yulex, azienda statunitense che produce bio-gomme a base vegetale. Dalla collaborazione tra le due imprese era nata una muta realizzata con il guayule, un piccolo arbusto che cresce spontaneo nei territori desertici del sud-ovest degli Stati Uniti.
La gomma utilizzata da Patagonia viene ottenuta in modo sostenibile, ricavata da piantagioni gestite secondo linee guida che preservano le funzioni ecologiche e l’integrità delle foreste. Il ricorso alla gomma naturale, anziché ad un materiale derivato dal petrolio, comporta una significativa riduzione delle emissioni di CO², di circa il 70 per cento, legate al processo di lavorazione poiché il polimero principale viene prodotto direttamente dagli alberi e non negli stabilimenti. Le nuove mute sono composte per l’85 per cento da gomma naturale, mescolata con il 15 per cento di polimeri di gomma sintetica priva di neoprene.
“Per anni surfer e produttori di mute, Patagonia inclusa, hanno fatto affidamento sul neoprene, pur sapendo che è un materiale non rinnovabile, derivato dal petrolio e con un processo di lavorazione che richiede elevati consumi energetici – ha spiegato Hub Hubbard, responsabile Patagonia del settore sviluppo mute. – Il neoprene non è sano, ma per molto tempo non abbiamo trovato altre alternative. Grazie alla partnership con Yulex, siamo riusciti invece ad investire in un materiale innovativo a base vegetale, utilizzandolo nella gamma completa delle nostre mute intere”. Patagonia e Yulex, come già accaduto in passato, hanno deciso di non tenere per sé questa scoperta ma di condividerla con le altre aziende, perché “quando un numero maggiore di surfer può scegliere mute che comportano un minor danno per l’ambiente – si legge in una nota della società californiana – tutti ci guadagniamo”.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Online il bando per il progetto Ecodesign the Future di Erion Energy e Economiacircolare.com: dopo il corso sul packaging, il nuovo focus è sulle batterie.
In futuro sarà necessario aumentare la produzione alimentare diminuendone il costo e l’impatto ambientale. L’agricoltura verticale ha questo obiettivo.
Sempre più paesi sono a rischio siccità estrema, Italia compresa. La desalinizzazione dell’acqua di mare potrebbe essere una delle soluzioni.
Anche l’attività cerebrale risente della qualità dell’aria che respiriamo: se è inquinata diventiamo meno lucidi. Su questo si concentra Strobilo.
È possibile rimuovere la CO2 dall’atmosfera? L’obiettivo delle big tech è rimuovere 100mila tonnellate di CO2 entro il 2030. Ma non basta.
I ricercatori di Singapore hanno trovato il modo di produrre calcestruzzo stampato in 3D usando i rifiuti di vetro al posto della sabbia.
Il progresso delle infrastrutture di connessione internet punta a unire tutto il Pianeta, Africa compresa. E chi lo gestisce si assicura milioni di utenti.
Il riciclo delle batterie agli ioni di litio è una sfida che può fare la differenza per un futuro a basse emissioni. Un’azienda americana ha trovato una soluzione.
La multinazionale statunitense Apple punta sempre di più sulla sostenibilità. Produzione da energia pulita e riciclo delle componenti sono i punti chiave.