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Produrre biodiesel utilizzando l’olio usato per friggere le patatine? Fabrizio Corcos, titolare di uno stabilimento di Aprilia, la DP Lubrificanti, spiega che è possibile.
Biocarburanti sì, biocarburanti no? La
discussione continua da mesi, dalla FAO che lancia
l’allarme sui prodotti alimentari, alla Comunità Europea,
che vuole mettere dei limiti alla produzione di biocarburanti
prodotti da semi alimentari, come colza, girasole e soia.
Perché allora non recupare l’olio
esausto utilizzato per friggere, rigenerarlo e trasformarlo in
carburante?
In Italia si consumano annualmente circa 1.400.000 mila
tonnellate di olii vegetali. Di questi solo una minima
parte viene raccolta: in pratica solo i ristoranti, gli
alberghi, i fast-food sono obbligati, per legge, a raccogliere e
smaltire in modo adeguato l’olio alimentare usato.
La percentuale maggiore, proveniente dall’uso domestico, va a
finire negli scarichi di casa, nelle rete fognaria e, se non
adeguatemente depurata, direttamente dispersa nell’ambiente: un
litro d’olio basta per alterare la potabilità dell’acqua per
un milione di litri!
Fabrizio Corcos è titolare di uno
stabilimento di Aprilia, la DP Lubrificanti, che produce biodiesel:
“La particolarità del nostro stabilimento è che non
vengono utilizzati olii destinati all’alimentazione umana, ma solo
olio fritto recuperato”.
Fin qui tutto bene, se non che: “purtroppo in Italia non esiste una
filiera di raccolta di questo prodotto”. Cosa che nel resto
d’Europa è attiva già da tempo, infatti: “importiamo
la maggior parte dell’olio dall’estero. Arriva da tutti quei Paesi
che operano una raccolta capillare anche nelle utenze domestiche,
il classico porta a porta”.
Cercando informazioni riguardanti questo tipo di raccolta, si
scopre che, ad esempio, alcuni Comuni – come Gallarate – mettono a
disposizione un contenitore in comodato d’uso per raccogliere
l’olio alimentare domestico. Qualcosa poi si muove a Genova,
Vicenza e nella zona di Latina.
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