5 belle notizie dal summit sul clima di New York

Al netto dei molti impegni tuttora inadeguati, dal vertice mondiale per il clima sono emerse anche proposte incoraggianti.

Si è concluso il Climate action summit 2019, il vertice mondiale per il clima dell’Onu, svoltosi dal 21 al 23 settembre a New York. L’obiettivo dell’incontro, in vista della Cop 25 che si terrà a dicembre in Cile, era quello di spingere i paesi a fare di più per rispettare gli impegni sul clima previsti dall’Accordo di Parigi. Diversi paesi del G20 hanno proposto impegni aggiuntivi, ma le misure proposte sono spesso ancora insufficienti per fronteggiare la crisi climatica e limitare l’aumento della temperatura globale. Dal vertice sono però emerse alcune buone notizie in grado di infonderci un po’ di speranza per il futuro della nostra specie e delle altre con cui condividiamo il pianeta. Ne abbiamo scelte cinque.

 Il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres
“Questo non è un vertice di discorsi sul clima. Abbiamo avuto abbastanza discorsi. Questo non è neppure un vertice di negoziazione sul clima. Non si può negoziare con la natura. Questo è un vertice sulle azione per il clima”. Così Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, ha aperto il vertice sul clima © Stephanie Keith/Getty Images

Il Pakistan pianterà 10 miliardi di alberi

Il Pakistan ha un impatto ambientale contenuto, è 135esimo nella classifica dei paesi più inquinanti, eppure è il settimo paese al mondo per vulnerabilità climatica. Per contrastare il grave impatto dei cambiamenti climatici il Pakistan, che ha già piantato un miliardo di alberi negli ultimi cinque anni, si è impegnato a piantarne altri dieci miliardi entro il 2025. Lo stato asiatico, ha annunciato al summit il primo ministro Imran Khan, ha stanziato un fondo per il ripristino degli ecosistemi da 50 milioni di dollari, volto a preservare la biodiversità, generare posti di lavoro verdi e alleviare la povertà. L’aumento della temperatura in Pakistan, ha affermato il primo ministro Khan, è stato di circa un grado superiore alla media globale e i suoi ghiacciai “si stanno ritirando più velocemente che in qualsiasi altra parte del mondo”.

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La Grande muraglia verde delle città

Il ruolo degli alberi nella lotta ai cambiamenti climatici è di importanza cruciale, le foreste assorbono infatti ogni anno un quarto delle nostre emissioni. Ad aver particolarmente bisogno di alberi sono le città e le aree periurbane, più vulnerabili a ondate di calore, fenomeni climatici estremi e rischio idrogeologico rispetto alle aree rurali. Riforestare le città è proprio l’obiettivo del progetto Grande muraglia verde delle città, presentato da Stefano Boeri, architetto ed esperto di forestazione urbana, al Climate action summit. L’obiettivo dell’iniziativa è estendere a tutte le città del pianeta la Grande muraglia verde, opera avviata nel 2007, che mira a ripristinare una vastissima area degradata dell’Africa attraverso la creazione di una muraglia di foresta che si estenderà per quasi 8mila chilometri. La Grande muraglia verde delle città si propone invece di realizzare, nei pressi di 90 città dall’Africa all’Asia Centrale, 500mila ettari di nuove foreste urbane e 300mila ettari di foreste naturali da mantenere e ripristinare entro il 2030. L’obiettivo dichiarato del progetto è quello di estendere l’iniziativa anche alle città europee, dando vita ad una grande infrastruttura verde continentale che integrerebbe le aree metropolitane nel più ampio mosaico delle aree protette del pianeta.

Render della Muraglia verde delle città continentale
Le città del mondo producono circa il 70% della CO2 presente nell’atmosfera e le foreste ne assorbono il 40%, aumentare le superfici boschive attorno e all’interno delle città del mondo moltiplicherebbe pertanto la capacità di resilienza delle aree urbane e ridurrebbe la produzione di CO2 © Stefano Boeri Architetti

Ripristinare 30 milioni di ettari di ecosistemi degradati

Per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi è ormai pacifico che sia necessario ripristinare gli ecosistemi degradati e deforestati. In questo senso, durante l’incontro sul clima, è stata annunciata una iniziativa che prevede il restauro di trenta milioni di ettari di ecosistemi degradati in Europa, nel Caucaso e in Asia centrale entro il 2030. Il progetto, chiamato Ecca30, servirà come iniziativa regionale per garantire ulteriori impegni e accelerare l’attuazione della Bonn Challenge, piano di ripristino globale della aree naturali degradate. Secondo la Economics of land degradation, il costo cumulativo dell’erosione del suolo, della perdita di foreste e di altri tipi di degrado ambientale, nei prossimi trenta anni potrebbe raggiungere i 288 miliardi di dollari in Asia centrale, mentre gli investimenti in restauro e gestione sostenibile del territorio costeranno solo 53 miliardi di dollari nello stesso periodo. Il ripristino degli ecosistemi, oltre a mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici, migliora i mezzi di sussistenza, contrasta la desertificazione ed è fondamentale per la conservazione della biodiversità.

 

Isole Fiji: moratoria per proteggere il mare

Gli oceani di tutto il pianeta, già abbondantemente devastati dall’impatto antropico, devono fronteggiare la crescente industria mineraria che mira a estrarre metalli e minerali dalle acque profonde, minacciando non solo alcuni ecosistemi cruciali, ma anche la lotta globale contro i cambiamenti climatici, riducendo la capacità dell’oceano di immagazzinare CO2. Per questo le Isole Fiji, dopo aver presentato la proposta al Forum delle isole del Pacifico, hanno ribadito al vertice newyorkese la necessità di una moratoria di dieci anni alle attività estrattive sul fondale marino. “Invitiamo gli altri stati insulari a sostenere una moratoria, dal 2020 al 2030, che consentirebbe un decennio di ricerca scientifica adeguata degli ecosistemi marini”, ha dichiarato il primo ministro delle Fiji, Voreqe Bainimarama.

Isola Viti Levu delle Fiji
L’esplorazione mineraria sottomarina minaccia ecosistemi fragili e preziosi © Ingimage

Finlandia carbon neutral entro il 2033

Il Paese scandinavo ha migliorato ulteriormente i propri impegni promettendo di raggiungere l’obiettivo delle emissioni zero entro il 2033 e di eliminare i combustibili fossili per il riscaldamento domestico entro il 2030, diventando in questo senso una delle migliori nazioni al mondo. È tempo di “investire nel futuro”, ha spiegato il primo ministro finlandese, Antti Rinne. A differenza della vicina Norvegia, che punta a raggiungere la neutralità ancora prima, nel 2030, la Finlandia non intende fare affidamento sull’acquisto di crediti di carbonio per compensare le proprie emissioni. Per raggiungere il proprio ambizioso obiettivo la Finlandia dovrà eliminare gradualmente i combustibili fossili e la torba, che rappresentano il 40 per cento del consumo energetico, ridurre il disboscamento, incrementare la produzione di energia eolica, solare e da biomasse, principalmente da rifiuti agricoli e residui forestali, e investire nel trasporto pubblico.

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