Atlante delle periferie, come aumentano le disuguaglianze nelle grandi città italiane

Pochi chilometri all’interno di una città separano il riscatto sociale dalla povertà: così più di un milione di minori delle periferie italiane non ha accesso all’istruzione, allo svago, a un futuro. La fotografia di Save the Children.

Nelle grandi città italiane la qualità della vita è mediamente molto inferiore che in quelle di medie dimensioni: a ribadirlo l’indagine 2018 di ItaliaOggi e dell’Università la Sapienza di Roma. Ma non è finita qui, perché anche all’interno delle singole città le disuguaglianze sociali sono in forte aumento: ci sono zone in cui si vive meglio e, appena vicino, altre in cui le condizioni di vita peggiorano sensibilmente, e che non a caso spesso corrispondono con le periferie. Una situazione che, secondo l’Atlante dell’infanzia a rischio, dal titolo Le periferie dei bambini, appena pubblicato dall’organizzazione non governativa Save the Children, colpisce in particolare 1,2 milioni di bambini e adolescenti che vivono in povertà assoluta in Italia.

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L’ambiente in cui vivono i minori italiani, spiega Save the Children, ha un enorme impatto nel condizionare le loro opportunità di crescita e di futuro. Pochi chilometri di distanza, tra una zona e l’altra, possono significare riscatto sociale o impossibilità di uscire dal circolo vizioso della povertà: la segregazione educativa allarga sempre di più la forbice delle disuguaglianze, in particolare appunto nelle grandi città, dove vivono tantissimi bambini. È lì, conclude Save the Children, “che bisogna intervenire con politiche coraggiose e risorse adeguate”.

I dati di Oxfam sulla distribuzione della ricchezza rivelano che il mondo è sempre più diseguale.
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Quando un isolato fa la differenza

All’interno di una stessa città, l’acquisizione delle competenze scolastiche da parte dei minori segna un divario sconcertante. A Napoli per esempio, i ragazzi senza diploma di scuola secondaria di primo grado sono il 2 per cento nel quartiere borghese del Vomero e quasi il 20 per cento a Scampia, a Palermo il 2,3 per cento a Malaspina-Palagonia e il 23 per cento a Palazzo Reale-Monte di Pietà, mentre nei quartieri benestanti a nord di Roma i laureati (più del 42 per cento) sono 4 volte quelli delle periferie esterne o prossime al Grande raccordo anulare nelle aree orientali della città (meno del 10 per cento). Ancora più forte la forbice a Milano, dove a Pagano e Magenta-San Vittore (51,2 per cento) i laureati sono sette volte più numerosi di quelli di Quarto Oggiaro (7,6 per cento).

Differenze sostanziali tra una zona e l’altra riguardano anche i Neet ovvero i ragazzi tra i 15 e i 29 anni che non studiano più, sono senza lavoro e non sono inseriti in alcun circuito di formazione: nel capoluogo lombardo, in zona Tortona, sono il 3,6 per cento, meno di un terzo di quelli di Triulzo Superiore (14,1 per cento), mentre a Genova sono 3,4 per cento a Carignano e 15,9 per cento a Ca Nuova, e a Roma 7,5 al Palocco e 13,8 per cento a Ostia nord, entrambe sulla via del mare.

Rimettere i bambini al centro

Due bambini che vivono a un solo isolato di distanza possono trovarsi a crescere in due universi paralleli che non si incroceranno mai. “Rimettere i bambini al centro significa andare a vedere realmente dove e come vivono e investire sulla ricchezza dei territori e sulle loro diversità, combattere gli squilibri sociali e le diseguaglianze, valorizzare le tante realtà positive che ogni giorno si impegnano per creare opportunità educative che suppliscono alla mancanza di servizi”, spiega Valerio Neri, direttore generale di Save the Children.

“Occorre creare le condizioni per cui ogni bambino possa crescere in un ambiente sano, ricco di opportunità educative, ricreative, culturali e, in prospettiva, occupazionali. Tutti gli sforzi devono andare in tal senso, perché si attui un generale miglioramento delle situazioni economiche e sociali delle famiglie e del contesto ambientale in cui vivono”, secondo il presidente della Camera dei deputati, Roberto Fico

In tutto sono più di 3,5 milioni i bambini e gli adolescenti che vivono nelle quattordici principali aree metropolitane d’Italia (2 su 5 del totale in Italia), e crescono spesso in zone o quartieri sensibili che si possono definire periferie da tanti punti di vista differenti, non solo rispetto alle distanze dal centro città, ma in base ai diversi deficit urbanistici, funzionali o sociali dei territori: tra questi in particolare i cosiddetti quartieri dormitorio, svuotati di giorno per effetto dei grandi flussi pendolari verso i luoghi di lavoro, privi di opportunità e povere di relazioni sociali.

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