Le montagne devono tornare al centro della lotta ai cambiamenti climatici

Dove sono finite le montagne? Perché nessuno le nomina quando si parla di contrasto ai cambiamenti climatici? La Fao le riporta al centro del dibattito con un rapporto a loro dedicato.

Le montagne sono scomparse. Sono sparite dall’agenda politica internazionale. Se gli stati isola sono sotto i riflettori dei mezzi d’informazione a causa dell’esposizione ai cambiamenti catastrofici del clima, così come le foreste sono al centro di una battaglia globale per fermare la deforestazione, si parla poco delle pressioni che le aree montane del mondo stanno subendo.

Le montagne sotto pressione

Ma “le montagne sono al centro della battaglia del clima”, lo afferma l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, la Fao, in occasione della Giornata internazionale della montagna che si celebra ogni anno l’11 dicembre. Per l’occasione, la Fao ha ospitato un evento dal titolo Le montagne sotto pressione con l’obiettivo di chiedere ai governi di rafforzare la capacità di adattamento delle popolazioni montane e dei loro habitat all’impatto dei cambiamenti climatici, alla fame e alla migrazione e assicurare uno sviluppo montano sostenibile che sia integrato all’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

Tutti i numeri delle montagne

Il 13 per cento della popolazione mondiale oggi vive in aree montuose, ma solo in pochi casi si tratta di zone prospere come la Svizzera o le Dolomiti. Il 91 per cento abita in aree sottosviluppate, prive spesso d’infrastrutture mediche o scolastiche. “Nei paesi in via di sviluppo, una persona su tre che vive in zone montane è vulnerabile all’insicurezza alimentare”, ha affermato Maria Helena Semedo, vicedirettrice generale della Fao. In poco più di dieci anni il numero di “abitanti della montagna” vulnerabili ai cambiamenti climatici e all’insicurezza alimentare è aumentato del 25 per cento in Asia e del 46 per cento in Africa.

Un'infografica della Fao sulle montagne
Un’infografica della Fao sulle montagne e sul ruolo che giocano nel mondo

La relazione dell’uomo con la montagna come esempio dell’equilibrio con la natura

Le montagne ci dissetano, offrendo tra il 60 e l’80 per cento dell’acqua potabile del mondo, mentre ospitano il 60 per cento delle riserve della nostra biosfera, grazie alla complessa orografia che ha rallentato la devastazione portata altrove dall’industrializzazione moderna. Le montagne, con il loro stile di vita lento e riservato, hanno portato a uno sviluppo equilibrato tra natura e uomo, che va tutelato e protetto.

Eppure anche i ritmi della natura stanno cambiando. “Le montagne sono il principale ecosistema esposto ai cambiamenti climatici. Stiamo perdendo i ghiacciai, le valli sono sempre più erose, la biodiversità sta sparendo”, ha spiegato Petteri Taalas, segretario generale dell’Organizzazione meteorologica mondiale. Con conseguenze che arrivano lontano, coinvolgendo aree di pianura a causa delle potenziali crisi idriche e alimentari, legate alla mutazione del ciclo dell’acqua.

I ghiacciai sotto i 5.000 rischiano di sparire

Gli effetti si sentono in tutto il mondo. “Nei paesi andini i ghiacciai hanno perso tra il 30 e il 5o per cento del volume”, ha ammonito la delegazione cilena alla Fao. “Quelli che si trovano sotto i cinquemila metri sono destinati inevitabilmente a scomparire”. Anche la delegazione nepalese ha ribadito l’urgenza ad intervenire per fermare l’emorragia di persone che stanno abbandonando le valli più remote, dirigendosi verso la capitale Katmandu.

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Per cercare di riportare le montagne al centro dell’agenda politica e climatica e della sicurezza alimentare, l’Italia – in collaborazione con la Svizzera e la Fao – ha promosso azioni concrete da implementare entro il 2030. “Bisogna promuovere buone pratiche di resilienza, agricoltura sostenibile, scambio di conoscenza, progetti di cooperazione congiunti e cercare supporto politico ed economico”, ha dichiarato Grammenos Mastrojeni del ministero degli Affari esteri. “Le montagne devono essere al centro della discussione politica globale, della cooperazione – ha concluso Andrea Olivero, viceministro italiano dell’Agricoltura– e delle attività di sviluppo per promuovere politiche, investimenti e ricerca”.

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