L’amministrazione Usa ha sospeso le domande per l’immigrazione delle persone provenienti da 19 paesi. Nel frattempo vanno avanti le retate nelle città.
La strage di Christchurch ha convinto il governo della Nuova Zelanda a porre fine alla vendita libera di armi. La polizia: “Impossibile ignorare la realtà”.
A pochi giorni di distanza dal terribile attentato che ha colpito due moschee della Nuova Zelanda, provocando la morte di 50 persone, il governo di Wellington ha deciso di rivedere le norme che disciplinano il porto d’armi.
La Nuova Zelanda, in altre parole, ha toccato con mano la pericolosità sociale della diffusione di armi tra la popolazione. Come riportato dalla stampa internazionale, infatti, l’estremista di destra che ha aperto il fuoco sui fedeli musulmani “si era potuto dotare senza alcun problema di un autentico arsenale”.
“Non possiamo ignorare il fatto che il suprematista bianco australiano sia venuto in Nuova Zelanda per acquistare armi che nel suo paese non avrebbe potuto ottenere”, ha dichiarato Chris Cahill, presidente del sindacato di polizia. Così, il primo ministro Jacinda Ardern ha annunciato immediate restrizioni, che comprenderanno in particolare il divieto di commercializzazione di determinati fucili semi-automatici.
Ad oggi, nella nazione insulare tutti i cittadini di più di 16 anni considerati “capaci di intendere e di volere” hanno diritto a chiedere un porto d’armi di categoria “A”. Sufficiente per comprare armi d’assalto come gli Ar-15 utilizzati per la strage di Christchurch. E secondo le statistiche nella stragrande maggioranza dei casi (99,6 per cento) la polizia approva le richieste di autorizzazione.
Leadership is acting in the wake of tragedy — not making excuses.
New Zealand Prime Minister Jacinda Ardern pledges meaningful reform to the country’s gun laws within days of the massacre in Christchurch. What if our leaders were as courageous? pic.twitter.com/VTlKgPHMqO
— Giffords (@GiffordsCourage) 18 marzo 2019
Così, soltanto nel 2017 ben 45mila domande di porto d’armi sono state depositate in Nuova Zelanda. “Oggi non abbiamo alcuna idea di chi acquisti tali prodotti, quanti ne compri e dove li conservi”, ha ammesso Cahill. Di qui la decisione del governo di introdurre una legislazione più stringente. Che ha già suscitato la reazione sdegnata della lobby delle armi.
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