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L’inquinamento atmosferico uccide 800 persone ogni ora, 7 milioni in un anno
Ogni 5 secondi, una persona nel mondo muore per le conseguenze dell’inquinamento atmosferico. Sono i dati delle Nazioni Unite che esortano a fare di più per proteggerci.
In casa o all’aperto, sei miliardi di persone nel mondo sono esposte tutti i giorni a un killer silenzioso, a volte invisibile. È l’inquinamento atmosferico, che ogni anno è responsabile della morte prematura di 7 milioni di persone, tra cui 600mila bambini. L’equivalente di 800 vittime ogni ora, una ogni cinque secondi. Questi numeri, difficili addirittura da immaginare, sono ufficiali: li ha diffusi David Boyd, relatore speciale per i diritti umani e l’ambiente delle Nazioni Unite.
#AirPollution is deadly ?
It causes:
– 36% of deaths from #lungcancer
– 34% of deaths from #stroke
– 27% of deaths from #heartdiseaseWe need clean air for a healthy future!#BreatheLife pic.twitter.com/jCmUqI5nio
— WHO South-East Asia (@WHOSEARO) 6 marzo 2019
“Questa pandemia non riscuote ancora abbastanza attenzione”, ha denunciato Boyd di fronte al Consiglio per i diritti umani a Ginevra. Non assicurare aria pulita – ha continuato – significa violare il diritto fondamentale a un ambiente salubre, sancito dalla legislazione di 155 paesi. Tanto più perché le persone, di fatto, sono inermi: non possono fare nulla per evitare di respirare i veleni che contaminano le loro case o le loro città. “Gli agenti inquinanti sono ovunque, e sono dovuti soprattutto ai combustibili fossili che vengono bruciati per l’elettricità, i trasporti e il riscaldamento, ma anche per le attività industriali, la gestione inadeguata dei rifiuti e l’agricoltura”, ha aggiunto. Le donne e i bambini che vivono nei paesi più poveri sono ancora più vulnerabili, perché trascorrono la maggior parte del loro tempo dentro case illuminate e riscaldate ancora con cherosene e petrolio.
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L’inquinamento atmosferico è un’emergenza da combattere subito
Di fronte a una situazione così catastrofica, non possiamo fare altro che rassegnarci a vedere questo bilancio aumentare danno dopo anno? No, tutt’altro. Gli stati nazionali – afferma David Boyd – devono adempiere al loro obbligo di assicurare aria pulita ai loro cittadini. Per riuscirci, devono innanzitutto monitorare la qualità dell’aria e identificare le cause di inquinamento, rendendo pubbliche le informazioni. Sulla base dei dati, devono poi emanare leggi e regolamentazioni specifiche, sviluppare piani d’azione (locali, nazionali o, se necessario, anche sovranazionali) e metterli in pratica. I risultati vanno monitorati man mano, per capire se ci sono progressi e, se necessario, agire in modo ancora più incisivo.
“Il problema dell’inquinamento riguarda tutto il mondo ma ci sono posti in cui la situazione è particolarmente drammatica, in particolare India e Cina”, ha dichiarato Boyd ai microfoni di Radio 1. “Tutto questo anche se, ad oggi, le leggi più severe in materia ambientale sono quelle cinesi. Attenzione, però, perché anche in Europa assistiamo a condizioni gravissime”.
L’aria più avvelenata si respira in India
La classifica delle cinquanta città più inquinate al mondo, pubblicata da AirVisual, è monopolizzata da soli quattro paesi, tutti asiatici: India, Cina, Pakistan e Bangladesh. Per la prima volta, l’India soffia alla Cina questo poco invidiabile primato.
?#Polluted air is largely unseen, yet its the 4th leading contributing cause of death worldwide.
Find out if your city met #WHO PM2.5 targets in 2018, and see how it compares to other locations globally with AirVisual’s new interactive web ranking: https://t.co/ooY3valsMB pic.twitter.com/nCx83edT9J
— AirVisual (@MyAirVisual) 5 marzo 2019
Nella top 10 infatti le città indiane sono ben 7, a cominciare da quella al primo posto, Gurugram (chiamata anche Gurgaon), capitale dell’omonimo distretto, che conta circa 175mila abitanti ed è a una trentina di chilometri di distanza da Delhi (all’undicesimo posto). Nel 2018, il suo indice di qualità dell’aria si è attestato su una media di 135,8. Per avere un termine di paragone, le autorità statunitensi per l’ambiente ritengono “buono” un punteggio inferiore a 50, che corrisponde a una concentrazione di pm 2.5 nell’atmosfera inferiore a 12 microgrammi per metro cubo; e sono anche più permissive rispetto all’Organizzazione mondiale della sanità, che raccomanda di non superare i 10 microgrammi per metro cubo. Tra le prime 10, le uniche città non indiane sono la pakistana Faisalabad, al terzo posto, Hotan (in Cina, all’ottava posizione) e Lahore, sempre in Pakistan (decima posizione).
Foto in apertura © Allison Joyce/Getty Images
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