L’amministrazione Usa ha sospeso le domande per l’immigrazione delle persone provenienti da 19 paesi. Nel frattempo vanno avanti le retate nelle città.
Ha richiamato l’attenzione internazionale per il suo approccio sanguinario alla lotta alla droga nelle Filippine e per aver insultato un po’ tutti. Chi è Rodrigo Duterte.
Rodrigo Duterte, presidente delle Filippine da maggio 2016, è finito sui giornali di tutto il mondo per aver insultato il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, durante una conferenza stampa al summit dell’associazione delle nazioni del Sudest asiatico (Asean), in Laos. Il commento, che ha portato alla cancellazione dell’incontro bilaterale tra i due presidenti, ha richiamato l’attenzione internazionale sulla personalità controversa di Duterte e la sua linea politica dura.
Nell’arena politica del paese Duterte è in prima linea dal 1988, quando è stato eletto sindaco di Davao, una città altamente popolosa dell’isola di Mindanao, nel sud delle Filippine. Ha ricoperto il ruolo per sette mandati (22 anni) ed è stato anche vicesindaco e membro del congresso della città.
Le politiche di Duterte di quel tempo si concentravano principalmente sulla lotta al crimine, alla corruzione e all’attivismo. E il suo approccio nell’affrontare i problemi è stato tutt’altro che democratico. Proprio in quegli anni l’attuale presidente ha iniziato a supportare le uccisioni extragiudiziali di consumatori e trafficanti di droga.
Come aveva promesso durante la sua campagna elettorale, il numero di vittime della guerra alla droga è aumentato bruscamente da quando è diventato presidente. Secondo gli ultimi dati, dall’inizio della sua campagna sanguinosa almeno 2.400 persone sono state uccise senza un processo legale: circa 1.011 presunti consumatori e trafficanti di droga sono stati uccisi per mano della polizia, mentre 1.391 dai vigilantes supportati dal presidente stesso, secondo quanto riportato dalla polizia nazionale.
“Saranno uccise tante più persone, fino a quando l’ultimo spacciatore non verrà tolto dalla strada. Finché l’ultimo trafficante non sarà ucciso, continueremo e io continuerò”, ha affermato Duterte. Il suo duro approccio gli ha fatto guadagnare soprannomi come “il castigatore” (the punisher) e “Duterte Harry”. Gli esperti di diritti umani delle Nazioni Unite lo hanno condannato definendo il suo incoraggiamento alla violenza e alle uccisioni un “crimine ai sensi della legislazione internazionale”. Il presidente ha risposto definendoli stupidi e minacciando di lasciare l’Onu, per poi dire che la sua invettiva era solo uno scherzo.
Sebbene sia un promotore accanito delle misure forti, Duterte ha anche usato dei fondi pubblici per costruire un centro di cura e riabilitazione che offre sostegno ai tossicodipendenti (24 ore su 24) che si presentano volontariamente. Inoltre, è conosciuto per aver dato una rappresentanza formale alle minoranze indigene e alle comunità musulmane e per aver istituito la Magna carta per le donne a Davao, per promuovere i diritti delle donne filippine e combattere la discriminazione.
Allo stesso tempo, però, è stato un sostenitore aperto della reintroduzione della pena di morte nelle Filippine, il primo paese asiatico ad abolirla nel 1987.
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