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La caffetteria de Il Piccolo Teatro di Milano fa parte della community dei clienti Coffee Defenders Lavazza. Ne parliamo col direttore del teatro, Claudio Longhi.
Luoghi di cultura e discussione, incontro e condivisione: questo sono, da sempre, le caffetterie europee. Questa riflessione sta alla base de “Il caffè del Piccolo va in scena”, il concept che Piccolo Teatro di Milano e Lavazza hanno ideato da alcuni anni nel chiostro dell’edificio per favorire il dibattito culturale durante le calde serate estive. Con Claudio Longhi, direttore del Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, abbiamo parlato di questa bella iniziativa e dell’ingresso de Il Piccolo nella community dei Coffee Defenders Lavazza. Ecco cosa ci ha raccontato.
Il teatro è da sempre uno spazio in cui, attraverso le storie narrate in scena, si riflette sulla contemporaneità, trasmettendo valori e messaggi. È ancora in grado di toccare nel profondo le coscienze e cambiare i comportamenti?
Questo è un tema che, da lungo tempo, appassiona chi si occupa di teatro, in particolare da almeno un secolo e mezzo, dalla nascita del cinema in avanti, da quando ci si è cominciati a porre il problema del confronto con altri mezzi di rappresentazione della realtà. Io sono convinto che il teatro continui a conservare una grande capacità di parlare all’uomo. E penso anche che avesse ragione Brecht, quando diceva che il teatro è in grado di rappresentare il mondo d’oggi, ma solo a patto che quello rappresentato sia un mondo modificabile e l’uomo un agente modificatore. Credo che la capacità del teatro di parlare alla realtà e alla contemporaneità sia proprio legata a questo senso di dinamismo, alla possibilità di agire e di incidere trasformando le cose.
A proposito di questo tema, sappiamo che con Lavazza avete dato origine al concept “Il caffè del Piccolo va in scena”. Come sono nate partnership e concept?
L’incontro con Lavazza risale alla fine del 2018, e la collaborazione è nata per diversi motivi. Da un lato, l’innamoramento per il chiostro del teatro, un meraviglioso esempio di architettura umanistico-rinascimentale. Dall’altro, un interesse e un’attenzione comuni per i valori della sostenibilità, dell’artigianalità, del prendersi cura dell’individuo. Sulla base di queste convergenze è nato il progetto “Il caffè del Piccolo va in scena”, che parte dalla rilevanza che i caffè, intesi come luoghi, hanno avuto nella fondazione dell’identità europea. Ne parla per esempio George Steiner, nel suo libro “Una certa idea di Europa”. I caffè sono da sempre luoghi in cui si dibatte, si discute, si ragiona. Tanta parte della cultura europea è nata all’interno dei caffè. Così, prendendo ispirazione dai caffè letterari, abbiamo immaginato degli incontri in cui artisti, intellettuali, persone legate o all’universo Piccolo Teatro o all’universo Lavazza potessero dialogare e riflettere.
La collaborazione con Lavazza, però, non riguarda solo il concept. Il Piccolo è infatti entrato a far parte della community dei Coffee Defenders…
Prima si parlava della convergenza tra Lavazza e Piccolo Teatro. Credo che proprio l’esperienza dei Coffee Defenders sia in qualche modo un segno tangibile di questa convergenza.
Quella di Lavazza è un’attenzione alla sostenibilità concreta, che passa attraverso i progetti ambientali e sociali realizzati nei territori in cui si produce il caffè.
La coltivazione sostenibile delle piantagioni e le modalità di gestione rivolte al benessere delle comunità dimostrano una cura sia per l’ambiente, che per le persone. Per questo, il Piccolo ha scelto di entrare nella community dei clienti Coffee Defenders utilizzando le miscele Lavazza La Reserva de ¡Tierra!.
La magia del teatro si vive anche – o forse soprattutto – nell’attesa di entrare in sala. Che ruolo ha il caffè in questa attesa?
Credo che, in quel momento di sospensione e di attesa che precede l’ingresso in sala, il caffè in qualche modo corrisponda all’atto del prendersi cura di sé, una liberazione dalle preoccupazioni e dagli affanni. Il piacere e il desiderio della degustazione del caffè sono di per sé stimoli e generatori di pensiero. Brecht diceva anche che ogni pensiero è figlio di un desiderio. C’è qualcosa di fisico nella generazione della riflessione, nel modo in cui essa prende forma. Il piccolo piacere che ci concediamo col caffè è una sorta di “entrée” al piacere che ci accoglierà in sala.
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