Educazione e castighi: cosa ne pensano gli psicologi
Punire i bambini è una pratica controversa: utile strumento educativo per molti genitori, vero e proprio abuso per altri: cosa ne pensano gli esperti?
Punire i bambini è un sistema educativo efficace o una pratica inutile, se non addirittura dannosa? E quali sono le modalità con cui è eventualmente ammissibile e utile ricorrere alle punizioni? Negli ultimi decenni è cambiato in modo radicale il sentimento comune riguardo al punire i bambini a scopo educativo, sia in ambito privato e familiare che, per esempio, scolastico. Ma i genitori si trovano ancora a confrontarsi con dubbi e pregiudizi sulla reale efficacia delle punizioni a fini pedagogici.
Le punizioni fisiche sono sempre dannose
Partiamo intanto dai punti fermi: le punizioni corporali a danno dei bambini, inclusa la cosiddetta sculacciata, sono una pratica dannosa, oltre che vietata in modo esplicito dalla legge, anche in ambito domestico, in 32 paesi del mondo (in Italia le punizioni fisiche sono vietate espressamente in ambito scolastico e nell’ordinamento penitenziario, ma non in ambito familiare, ndr). Lo hanno appurato negli anni numerosi studi condotti in ambito psicologico e pediatrico da vari soggetti autorevoli (come l’Australian Psychological Society, la Canadian Pediatric Society e l’American Academy of Pediatrics), secondo i quali punire fisicamente i bambini incide in modo negativo sullo sviluppo neurologico, cognitivo, emotivo e sociale, e in qualche caso anche sulla salute fisica. Una delle ricerche più recenti, pubblicata nel 2014 sul Journal of Pediatric Psychology, ha rilevato in particolare che spesso i bambini più agitati e “meno educati” sono anche i più puniti, fisicamente e non solo. Il ricorso alla forza fisica o alla prevaricazione per punire i bambini non solo è inefficace ai fini educativi, ma risulta quindi deleterio e controproducente. Tanto che l’Unesco auspica da tempo che le punizioni corporali vengano proibite formalmente in scuole, case e istituzioni in tutti i paesi del mondo.
Punire i bambini: cosa tenere a mente
Assodato che il ricorso alla forza fisica non è mai ammissibile ed è sempre deleterio, in che modo è possibile punire un bambino in modo che l’esperienza risulti istruttiva e utile ai fini della sua educazione? Intanto, la punizione deve essere commisurata all’età del bambino e alla gravità del “misfatto”. Sta al buon senso del genitore riconoscere la buona fede di suo figlio oppure rendersi conto di quale “castigo” questi possa ammortizzare senza sentirsi umiliato o minato nella propria autostima. Sempre per evitare mortificazioni potenzialmente molto pericolose sul piano psicologico, è fondamentale evitare di punire i bambini in pubblico, oppure scegliere una punizione che comprometta in qualche modo le loro relazioni sociali (vietare, per esempio, la partecipazione a una festa o a una gita). Fondamentale, inoltre, che il genitore spieghi sempre con calma e chiarezza le ragioni della sua scelta e le conseguenze del comportamento del bambino. Anche la disponibilità al “recupero” e al perdono una volta che il bambino ha mostrato segnali di comprensione e consapevolezza sono aspetti cruciali per la riuscita del progetto educativo.
Punizioni ai bambini: la situazione in Italia
Nel 2012 Save The Children ha lanciato, nell’ambito del progetto “Educate, do not punish” finanziato dalla Commissione europea, la campagna “A mani ferme – Per dire no alle punizioni fisiche nei confronti dei bambini”, pubblicando tra l’altro una guida pratica alla genitorialità positiva e non violenta. In occasione della campagna, l’associazione ha diffuso i risultati di una indagine statistica commissionata ad Ipsos, da cui è emerso che più di un quarto dei genitori italiani ricorre allo schiaffo, qualche volta al mese (22 per cento) o quasi tutti i giorni (5 per cento). A questi si aggiunge un 49 per cento che lo utilizza eccezionalmente. Un quarto delle madri e dei padri italiani, più in generale, ritiene comunque che la sculacciata abbia una valenza educativa.
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