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Le fibre scartate dalla lavorazione industriale ritornano nel ciclo e si intrecciano a quelle di cellulosa creando un nuovo mareriale.
È diversa, nuova, sia al tatto che alla vista. È la carta realizzata con il 25 per cento di cuoio, un 30 per cento di cellulosa riciclata e per il 45 per cento di materia prima vergine, entrambe certificate Fsc (Forest stewardship council). Realizzata da Favini, cartiera con sede a Rossano Veneto in provincia di Vicenza, Remake è un ottimo esempio di quello che s’intende per economia circolare: un prodotto che prima veniva considerato come rifiuto, oggi torna ad essere disponibile per un nuovo ciclo, in sostituzione a materie prime che altrimenti dovrebbero essere estratte, lavorate, trasportate. Con un considerevole impatto ambientale.
“L’economia circolare, di cui il nostro Paese è leader, si basa sullo sviluppo del riuso e riciclaggio di materiali e prodotti, riducendo cosi il prelievo di risorse naturali e materie prime dall’ambiente”, ha dichiarato il sottosegretario all’Ambiente, Silvia Velo lo scorso febbraio, confermando gli sforzi che molte aziende italiane compiono per innovare e crescere. “Un uso efficiente delle risorse, infatti, rappresenta la chiave di volta della nuova strategia europea definita nel recente ‘Piano di azione’ per l’economia circolare che il Parlamento europeo si appresta a discutere”.
In questo caso addirittura si riutilizza un sottoprodotto proveniente da un altro settore industriale, che altrimenti finirebbe in discarica e si crea un materiale versatile, dalle caratteristiche del tutto nuove. “Nella progettazione e realizzazione abbiamo cercato di valorizzare i residui della filiera della pelletteria in un’ottica di economia circolare”, spiega Achille Monegato, responsabile ricerca e sviluppo di Favini. “Da una parte l’upcycling di un sottoprodotto di scarso valore come i residui di cuoio da utilizzare in sostituzione di cellulosa di albero per la produzione di carte di pregio. Dall’altra la ricerca di una carta con caratteristiche come la compostabilità, la biodegradabilità, il bulk (volume della carta) e caratteristiche tattili speciali”.
Un processo insolito, esclusivo, durante il quale si è dovuto separare le fibre dai residui di pelle e mettere a punto un processo con l’utilizzo di entrambe, seppur diverse. “Per quanto riguarda la composizione della pelle, questa è fatta da insiemi di fibre chiamate collagene. Le fibre di collagene hanno molte somiglianze alle fibre di cellulosa e possono essere separate – processo chiamato ‘elementarizzazione delle fibre’ -, solamente attraverso processi fisici. Abbiamo utilizzato una tecnica specifica disponibile in altri settori industriali riuscendo ad ottenere delle fibre con dimensioni e caratteristiche comparabili con quelle cellulosiche utilizzate per la produzione della carta”, spiega Monegato. “Una volta ottenute le fibre di collagene, abbiamo affrontato la fase successiva della produzione carta utilizzando le tecnologie in uso nel settore, ma apportando alcune variazioni. Si è trattato di combinare due tipologie di fibre con caratteristiche chimiche diverse, ma con una morfologia simile”.
Il risultato è la nascita di un nuovo materiale, biodegradabile, riciclabile e circolare.
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