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Richiami vivi: la camera dice no all’abolizione
È stato respinto l’emendamento che chiedeva l’abolizione della pratica dei richiami vivi nella caccia. L’Italia rischia ora sanzioni dall’Europa.
Gli uccelli sono la quintessenza della libertà, il loro elemento è l’aria, sono nati per solcare i cieli e suscitare l’invidia di noi umani, che da sempre cerchiamo il segreto per imitarli. Alcuni uccelli vengono però catturati, torturati, rinchiusi per tutta la vita in minuscole gabbie e costretti a diventare strumenti di morte attirando inconsapevolmente verso i cacciatori i propri compagni. È il destino di tanti piccoli uccelli, come allodole, cesene, merli, tordi, colombacci e pavoncelle, trasformati in richiami vivi.
L’11 giugno il Movimento 5 Stelle, sostenuto dalle associazioni animaliste italiane, ha presentato alla camera dei deputati un emendamento all’articolo 15 della legge comunitaria per chiedere l’abolizione della pratica anacronistica e crudele dei richiami vivi nella caccia. L’emendamento è stato respinto per poche decine di voti.
A favore hanno votato il Movimento 5 stelle, Sel, Scelta civica, buona parte di Forza Italia e del gruppo misto. Voto contrario è arrivato da Lega, Fratelli d’Italia e Pd. «Respingere l’emendamento e mantenere intatto l’uso dei richiami vivi, semplicemente rimettendolo in deroga, è una scelta gravissima e imbarazzante, che fa male all’Europa e fa male alla natura, mantiene le sofferenze e i maltrattamenti di centinaia di migliaia di uccelli migratori, e che vale come anticamera per la condanna comunitaria», hanno commentato le associazioni ambientaliste come Enpa, Cabs, Lac, Lav, Leida, Lipu-BirdLife Italia, Vas, Wwf Italia.
Oltre al danno etico della sofferenza inferta agli uccelli, secondo gli ambientalisti e il Movimento 5 stelle l’Italia incorrerà in nuove sanzioni da parte dell’Unione europea. «Il governo pensa di risolvere il problema introducendo nuove deroghe – ha dichiarato la parlamentare 5 stelle Chiara Gagnarli – le stesse che l’Europa ci chiede di interrompere da venti anni. Siamo ormai di fronte ad un Paese in deroga, che in tema ambientale, pur carico di procedure e condanne, continua a chiudere le porte e aprire le finestre, con danno enorme per il patrimonio naturale, il senso del diritto e il più elementare rispetto della vita degli animali».
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