Solidarietà e rinnovabili: così Amani promuove la rinascita sostenibile di Nairobi

Amani ha installato due impianti solari fotovoltaici sui tetti delle case di prima accoglienza Casa di Anita e Kivuli Centre in Kenya. E il suo lavoro non si ferma qui.

  • La ong italiana Amani ha installato due impianti fotovoltaici sui tetti dei centri di prima accoglienza Casa di Anita e Kivuli Centre di Nairobi, capitale del Kenya, dove da oltre 20 anni lavora per sottrarre bambini e bambine alla strada.
  • I benefici ottenuti superano gli enormi sforzi compiuti per la loro installazione: risparmio in bolletta, autonomia in caso di blackout, cultura dell’uso razionale dell’energia.
  • Nel futuro c’è la volontà di migliorare l’efficienza dei centri e promuovere una legge che consenta di immettere in rete il surplus di energia solare prodotta.

Alle pendici delle colline di Ngong, a circa 25 chilometri dal centro di Nairobi, in Kenya, lontano dal rumore del traffico e dei contrasti stridenti, il trillo della sveglia avvisa le bambine e le ragazze della Casa di Anita che è ora di andare a scuola. Alle 4 di mattina la casa di accoglienza si anima, le giovani donne fanno la doccia e si preparano ad affrontare una nuova giornata. Dietro quello che ad alcuni può sembrare un gesto semplice, c’è in realtà un grande lavoro, in questo caso un impegno profuso per anni dall’associazione non profit Amani, con sede a Milano, insieme all’organizzazione locale Koinonia Community.

Energia pulita e accessibile per tutti: il progetto di Amani in Africa

Per assicurare quello che l’Onu ha fissato come settimo dei 17 Obiettivi per lo sviluppo sostenibile contenuti nel programma d’azione dell’Agenda 2030, ossia “Energia pulita e accessibile”, dal 2014 Amani si occupa di rendere efficienti le strutture di accoglienza in Africa, non solo la Casa di Anita ma anche il progetto socioeducativo per i bambini di strada Kivuli Centre nell’area periferica di Nairobi, spiega la responsabile dell’ufficio progetti Chiara Avezzano.

Rispetto ad altre città, come Lusaka in Zambia, dove Amani dal 1995 gestisce case di accoglienza per offrire alternative concrete a persone altrimenti costrette a vivere nelle baraccopoli, a Nairobi il costo dell’elettricità è altissimo, “assorbe circa il 10 per cento del budget ordinario che spendiamo per le case di accoglienza”, spiega la Avezzano. Per investire al meglio le proprie risorse l’associazione ha deciso di sfruttare la propria rete di solidarietà e installare un impianto solare fotovoltaico sul tetto sia della Casa di Anita, composta da una zona giochi, una cisterna per la raccolta dell’acqua, cucina con forno a legna e orti, che del Kivuli Centre, dove si trovano laboratori artigianali di avviamento professionale, sartoria, radio comunitaria, scuola di lingue e informatica, piccolo dispensario medico.

Kivuli Centre
Kivuli Centre dalla Kabiria Road © Enza Tamborra

Costi, installazione e benefici grazie alla rete di solidarietà

Nel 2015 il sopralluogo nelle case di accoglienza con il supporto di Matteo Leonardi, nodo della rete di solidarietà, per valutare i consumi dei due siti, i costi per l’installazione e i benefici conseguibili: “Mentre a Kivuli è stato semplice decidere dove piazzare i pannelli, per la Casa di Anita abbiamo dovuto ragionare sul potenziale danno che il fogliame avrebbe arrecato ai pannelli. Oltre alla polvere: ce n’è molta di più che in Italia!”, aggiunge la responsabile dell’ufficio progetti di Amani.

Cruciale per l’avvio del progetto la rimozione dell’amianto dai tetti, possibile grazie ai fondi dell’8 per mille della Chiesa Valdese e dell’impresa milanese Lemar Spa, e la ricerca delle risorse economiche: “Abbiamo incontrato casualmente il presidente del comitato donazioni di Automobili Lamborghini che, dopo aver ascoltato il nostro progetto, ha deciso di donare 178 moduli solari ancora perfettamente funzionanti rimossi due anni prima dallo stabilimento di Sant’Agata bolognese per lavori di ampliamento”. Una volta ricevuti i pannelli dalla ditta proprietaria Evolvere spa, la macchina della solidarietà ha continuato a muoversi per trovare le parti mancanti alla realizzazione degli impianti: “l’impresa ZCS-Zucchetti Centro Sistemi spa, ad esempio, ha fornito l’inverter e le batterie al litio per la Casa di Anita, a prezzo di costo, e per il Centro di Kivuli. Grazie all’intercessione di Mbs consulting, poi, abbiamo ottenuto dal fondo per il clima della società finlandese EKOenergy i finanziamenti per l’acquisto dei prodotti mancanti per l’organizzazione dei container da Milano a Nairobi”. Solo dopo due anni, a gennaio 2021, “siamo riusciti a far arrivare i container, precedentemente stoccati gratuitamente negli spazi della cooperativa sociale Rimaflow. La pandemia di Covid-19 ha rallentato l’organizzazione e il trasporto dei materiali”.

bambini Kivuli centre
I bambini del Kivuli Centre ©Enza Tamborra

Una volta sul posto, tre ingegneri del partner esecutivo Ecorisoluzioni “si sono occupati dell’installazione e della formazione di un tecnico del luogo, che si occuperà della manutenzione. Un nostro sogno nel cassetto è istituire un’unica figura, oggi inesistente in questa zona, che riunisca le competenze legate alla manutenzione e all’installazione”. Per il Centro di Kivuli è stato scelto un impianto da 29,7 chilowatt (kW) di potenza e 22 chilowattora (kWh) di accumulo, nella Casa di Anita, più piccola e con meno servizi, ne è bastato uno da 6,3 kWp e 9 kWh di stoccaggio. In entrambi i casi si tratta di impianti ibridi, che prevedono il prelievo in automatico dell’elettricità dalla rete quando quella dal sole non è disponibile, e decisamente più grandi di quelli off grid usati abitualmente dagli affittuari delle case rurali, che non possono permettersi l’installazione di un impianto simile. “Siamo alla ricerca di altri luoghi dove sono stati installati pannelli di questa taglia per spingere il governo keniano ad approvare una norma che consenta di immettere in rete il surplus di elettricità prodotta”.

Rinnovabili ed efficienza energetica: una strada percorribile grazie alla cultura del risparmio

“Da febbraio 2022 vediamo un riscontro di tipo economico, prima che ambientale: con la prima bolletta abbiamo risparmiato circa 600 euro. Ed è solo il primo passo per promuovere l’uso delle fonti rinnovabili e per efficientare i nostri centri, anche attraverso il monitoraggio da remoto dei consumi”. I prossimi step verso l’efficientamento energetico? “Controllare i consumi per capire come come evitare i picchi. Vogliamo in primo luogo installare un timer alla pompa dell’acqua, affinché funzioni nelle ore diurne, e sostituire i boiler elettrici con un impianto solare termico. Non possiamo cambiare le abitudini di consumo delle bambine e ragazze che alle quattro si lavano prima di recarsi a scuola ma possiamo adottare una tecnologia più efficiente che ci consenta di abbattere i costi”.

I benefici dell’adozione di sistemi intelligenti per il monitoraggio da remoto dell’impianto riguardano anche la possibilità di avvisare il distributore locale di elettricità, Kenya Power, del disallineamento tra i consumi reali e quelli stimati, “così da gestire al meglio le bollette”. Importante anche l’autonomia energetica in caso di – frequenti – malfunzionamenti e blackout: “Quando manca l’elettricità, il sistema in automatico spegne tutte le luci tranne le principali: a Kivuli quelle che illuminano l’ufficio, gli alloggi e le stanze adibite allo studio di bambini e ragazzi; a Casa di Anita l’ufficio, il freezer e le aree nelle quali le bambine seguono le attività pomeridiane”.

incontro Kivuli Centre
Incontro con i bambini e lo staff locale sulle energie rinnovabili a Kivuli ©Enza Tamborra

“Si tarano i consumi sull’offerta e non l’inverso: non smetteremo di promuovere incontri con la popolazione locale per far capire come utilizzare razionalmente questa risorse”. Promuovere tra la popolazione locale la cultura dell’uso razionale dell’elettricità è un’attività curata costantemente da Amani, che favorisce la rinascita sostenibile del territorio e offre nuove opportunità di crescita, anche lavorativa, a bambini e bambine non più perduti.

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