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Gli stereotipi sulle donne in Italia sono ancora tantissimi. Lo ricorda il rapporto Rosa shocking, pubblicato in occasione del 25 novembre.
Secondo il rapporto di WeWorld Intervita “Rosa shocking”, presentato lo scorso 18 novembre alla Camera dei deputati in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne che si celebra ogni 25 novembre dal 1999, in Italia gli stereotipi sulla figura femminile sono ancora duri a morire. E’ emersa un’Italia in cui, almeno per una fetta di popolazione, il ruolo della donna è ancora ascritto alla cura della casa e dei figli, è una persona sottomessa (anche economicamente) al marito, denigrabile e sottostimata La ricerca si è occupata anche di capire come venga percepita la violenza sulle donne, cosa sia percepito come tale, come pensano di risolvere il problema gli italiani e le italiane.
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L’esigenza del rapporto è nata dalla constatazione secondo cui, sebbene gli omicidi volontari nel nostro Paese siano in diminuzione, dal 2008 al 2013 sono aumentate le uccisioni di donne, in particolare in seno alla famiglia: dal 58 per cento (su un totale del 24 per cento di omicidi di donne) nel 2008 al 70 per cento (su un 35 per cento totale) nel 2013. I dati sono stati forniti dalla Direzione Centrale della polizia criminale.
Secondo il rapporto Eures pubblicato nel 2013, inoltre, in Italia ogni 12 secondi una donna viene colpita da atti di violenza fisica, verbale o psicologica, 64 sono vittime di lesioni dolorose, 19 di percosse, 14 di stalking e 10 di abusi sessuali. E il costo di tutta questa violenza è elevatissimo: a detta di un’altra ricerca Intervita, “Quanto costa il silenzio”, quasi 17 miliardi l’anno, come tre manovre finanziarie, tra conseguenze dirette, cure mediche, iniziative per la prevenzione, ma anche indagini, spese legali, processi, mantenimento delle strutture di accoglienza e supporto.
Ma cosa scatena tutta questa violenza? Forse anche il permanere degli stereotipi sulle donne. Sul campione intervistato, se è vero che la quasi totalità ritiene sia inaccettabile uccidere, stuprare, colpire con calci e pugni una persona di sesso femminile, è per esempio vero anche che il 19 per cento (di cui il 24 per cento uomini) considera ammissibili gli sfottò a sfondo sessuale verso le donne o ha una grande tolleranza nei confronti dei nudi femminili in pubblicità per prodotti che devono attrarre gli uomini.
Gli stereotipi e i luoghi comuni accettati sono diversi. Eccone alcuni: “le donne sognano tutte di sposarsi” (40 per cento); “quando nascono i figli, è meglio che restino a casa, perché solo con la maternità possono realizzarsi pienamente” (35). E ancora: “gli uomini diventano violenti per il troppo amore” (15 per cento, più un 16 di “neutri”); “la violenza domestica deve essere affrontata soprattutto in seno alla famiglia” (28 per cento) senza coinvolgere le autorità.
Nella lettura della ricerca colpiscono ancora due fattori: il primo è che ad accettare e condividere gli stereotipi sono le donne stesse, anche se in percentuale leggermente minore rispetto ai maschi, facendo emergere quella che il rapporto definisce una “scanzonata logica machista” della cultura (ancora un po’ sessista) italiana; il secondo è la bassissima percentuale di denuncia delle violenze, pari al 11,8 per cento del totale. Le donne si sentono ancora troppo poco tutelate dalle forze dell’ordine, hanno paura delle conseguenze per sé e per i propri figli, si vergognano, non sanno a chi rivolgersi.
Cosa fare per combattere il fenomeno della violenza? Secondo il rapporto, i suggerimenti sono diversi: dal potenziamento delle iniziative nelle scuole alle campagne di sensibilizzazione, dall’applicazione di leggi più severe a condanne certe. Il tutto rientra in una rivoluzione che ha ancora tanti passi da compiere per superare questa “cultura machista” su cui non si smette di indulgere.
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