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Secondo Legambiente, le analisi effettuate sugli alimenti restituiscono un quadro preoccupante sull’uso dei pesticidi.
È stato pubblicato il 3 dicembre il report annuale Stop pesticidi nel piatto, realizzato da Legambiente in collaborazione con Alce Nero: il dossier rivela la presenza di residui di pesticidi nel 41,3 per cento dei campioni di alimenti analizzati, con la frutta come categoria più colpita.
Il documento rappresenta un punto di riferimento per comprendere l’impatto delle sostanze chimiche di sintesi sugli alimenti di consumo, attraverso un’analisi approfondita dei dati forniti dalle Regioni e da enti specializzati, arricchita da contributi scientifici di esperti impegnati nella riduzione dell’impatto ambientale e nella tutela della biodiversità.
Su 5.233 campioni di alimenti analizzati, provenienti sia da agricoltura convenzionale che biologica, l’1,3 per cento è risultato irregolare con tracce di pesticidi superiori ai limiti consentiti. Sul 41,3 per cento dei campioni sono state individuate tracce di uno o più residui di fitofarmaci. In particolare, il 14,9 per cento è risultato monoresiduo (con tracce di un solo pesticida), mentre il 26,3 per cento è risultato multiresiduo, ovvero con tracce di pesticidi diversi.
Tra gli alimenti con la maggiore presenza di pesticidi spicca la frutta, con il 74,1 per cento di campioni contaminati da uno o più residui. Seguono la verdura (34,4 per cento) e i prodotti trasformati (29,6 per cento). Un campione di peperoncini ha mostrato la presenza di ben 18 residui diversi, mentre in due campioni di pesche sono stati rilevati rispettivamente 13 e 8 residui.
Tra le sostanze individuate ci sono insetticidi e fungicidi, come Acetamiprid, Boscalid, Fludioxonil e Imazalil. Legambiente sottolinea in particolare il caso dell’Imazalil, classificato come probabile cancerogeno dall’Epa (Agenzia statunitense per la protezione ambientale), il cui limite massimo di residuo nel 2019 è stato abbassato a 0,01 mg/kg nelle banane e a 4 mg/kg nei limoni, mentre per le arance e altri agrumi è rimasto a 5 mg/kg, con l’obbligo di riportare in etichetta la dicitura “buccia non edibile”.
Segnali più incoraggianti arrivano invece dall’olio extravergine di oliva che si distingue con altissime percentuali di campioni privi di residui. Anche il vino mostra un miglioramento: il 53,1 per cento dei campioni analizzati è risultato privo di residui, rispetto al 48,8 per cento dell’anno precedente.
“Il quadro che emerge dai dati è preoccupante – ha dichiarato Stefano Ciafani, presidente di Legambiente -, ma allo stesso tempo rappresenta un’opportunità per riconsiderare il nostro modello agricolo. La mancata adozione sia del Regolamento europeo sull’uso sostenibile dei fitofarmaci (Sur) che di un nuovo Piano di azione nazionale (Pan), fermo alla versione del 2014, è un freno inaccettabile per il processo di transizione verso un’agricoltura più sicura e sostenibile. È altresì urgente introdurre una norma che regolamenti il multiresiduo per limitare l’accumulo di più pesticidi in un singolo prodotto alimentare, con il rischio di effetti dannosi per la salute umana”.
E ancora: “Anche il Piano strategico nazionale (Psn) per l’attuazione della Pac, pur presentando alcuni segnali positivi, non sta ancora offrendo i risultati sperati. A quasi un anno dalla sua implementazione, emergono, infatti, difficoltà che ne rallentano l’efficacia, soprattutto rispetto alla diminuzione degli impatti di agricoltura e zootecnia intensive. Sono comunque apprezzabili i passi verso pratiche agricole sostenibili, a partire dall’introduzione degli ecoschemi per la protezione degli impollinatori e gli investimenti nel biologico, fondamentali per aumentare la Superficie agricola utilizzata (Sau) e incentivare la nascita di biodistretti. Tuttavia, è necessario fare di più, soprattutto per supportare le piccole e medie imprese agricole, garantire un accesso equo alle risorse e promuovere un uso intelligente dei fondi europei, per favorire la transizione verso una produzione alimentare sempre più sana, sostenibile e decarbonizzata.”
Angelo Gentili, responsabile Agricoltura di Legambiente evidenzia la necessità di puntare sull’agricoltura biologica per ridurre i pesticidi: “Basti pensare che i residui nei prodotti biologici sono pochissimi (7 per cento dei campioni analizzati) e dovuti presumibilmente alla contaminazione accidentale. L’Italia continua a essere un leader europeo con 2,5 milioni di ettari coltivati a biologico, pari al 19,8 per cento della superficie agricola utilizzata. Tuttavia, per incentivare una crescita maggiore di questo settore e colmare il divario tra domanda e offerta, è fondamentale introdurre strumenti che facilitino i consumatori (bonus per le categorie più fragili, mense bio in ospedali, scuole e università) e riducano i costi per i produttori, a partire dalla certificazione, favorendo l’accesso a pratiche agricole sostenibili”.
Per Legambiente, un’altra proposta cruciale riguarda l’approvazione di una legge contro le agromafie, che costituiscono una minaccia diretta alla legalità e alla sicurezza delle filiere agroalimentari, alimentando fenomeni come l’utilizzo di pesticidi illegali, il caporalato e i reati ambientali. I pesticidi illegali sequestrati in Europa nel 2023 sono stati 2.040 tonnellate (nel 2015 erano 190 tonnellate) con traffici in prevalenza dalla Cina e dalla Turchia.
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