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Nei paesi rurali, in particolare in Asia, i suicidi compiuti con l’ingestione di pesticidi sono molto comuni. Togliere dal commercio queste sostanze potrebbe salvare anche migliaia di vite.
In Italia si verificano 6,5 suicidi all’anno ogni 100mila abitanti, secondo una ricerca dell’Istat. 3.935 i suicidi registrati solo nel 2015. Un numero relativamente basso se confrontato con quello di altri stati. L’Organizzazione mondiale della sanità, infatti, riporta di circa 800mila decessi avvenuti in questo modo nel mondo. Fra le nazioni con un tasso in crescita ci sono quelle meno sviluppate come Sri Lanka, Nepal e India. Lì, i suicidi avvengono spesso con un metodo particolare: l’ingestione di pesticidi. Un’organizzazione umanitaria si sta impegnando per fermare questa tragedia.
In Cina il 49 per cento dei suicidi sono provocati da ingestione di pesticidi (il metodo maggiormente usato, seguito dall’impiccagione); in India la quota è di circa il 20 per cento (con un picco dell’80 per cento fra i contadini). La causa di queste cifre risiederebbe in una larga fetta della popolazione coinvolta nei lavori nei campi e una conseguente disponibilità di pesticidi cui accedere facilmente.
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Proprio come la facilità di avere un’arma negli Stati Uniti aumenta il tasso di morti per colpi auto-inflitti, l’accessibilità ai pesticidi in Asia meridionale e orientale ha contribuito alla crescita di questo fenomeno. Questo tipo di prodotti sono molto velenosi e quindi altamente letali: se un’ingestione di medicinali o barbiturici non sempre porta alla morte, nel caso dei pesticidi il rischio di decesso è molto più elevato.
La speranza dell’associazione Centre for pesticide suicide prevention (il Centro per la prevenzione di suicidi con pesticidi) che ha sede a Edimburgo, in Scozia, creata appositamente per risolvere il problema, è proibire alcuni pesticidi e diserbanti fatti con composti nocivi per l’uomo. La soluzione appare semplice e in passato metodi simili hanno già funzionato nello stesso campo: nel 2010 l’esercito israeliano ha impedito ai soldati di portare il fucile a casa e i suicidi con arma da fuoco sono diminuiti del 40 per cento fra i militari. La prevenzione fatta eliminando il facile accesso a prodotti letali come sostanze velenose e armi potrebbe salvare migliaia di vite.
This World suicide prevention day let’s remember that many suicides are preventable by removing lethal means from wide availability. Read more about #Pesticide suicide prevention at https://t.co/VVWfrkLFwg
— Centre PSP (@CentrePSP) 10 settembre 2018
Fra i prodotti più pericolosi c’è il paraquat, un composto chimico presente in vari erbicidi. Altri invece, come il fenoxaprop e il glifosato (che però porta altri danni all’organismo) hanno una percentuale di incidenti mortali minore. Quando nel 2008 lo Sri Lanka avevo deciso di vietare i pesticidi contenenti paraquat, i suicidi tramite ingestione erano diminuiti del 21 per cento.
“Il Centro progetta di raccogliere dati in India e Nepal su quali pesticidi sono più comunemente usati nei tentativi di suicidio e quali sono più facili a provocare la morte – spiega sul proprio sito il centro scozzese – prevediamo di utilizzare questi dati per aiutare i governi dell’India e del Nepal a decidere quali pesticidi vietare, con l’intenzione di ridurre i tassi di suicidio”.
Sicuramente le difficili condizioni di lavoro dei contadini nei paesi rurali (peggiorate negli ultimi tempi anche a causa del riscaldamento globale e della sempre maggiore richiesta del mercato) hanno fatto aumentare il numero di suicidi con pesticidi. In ogni caso, studi autorevoli indicano proprio nella possibilità di avere un veleno a portata di mano la causa scatenante: nei momenti di stress maggiore e per impulso, persone soggette a depressione e ansia possono decidere di compiere un gesto tragico. Limitare l’accesso a queste sostanze letali sarebbe un necessario passo avanti per proteggere questo gruppo di lavoratori.
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