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Tesla ottiene il via libera ufficiale alla ripartenza in California. Dopo avere sfidato a colpi di tweet le autorità della contea di Alameda, l’azienda di Elon Musk riapre la fabbrica di Fremont.
Gli ultimi aggiornamenti social risalivano ad aprile, quando, attraverso un video caricato su Youtube, gli ingegneri Tesla mostravano i progressi ottenuti nello sviluppo di ventilatori polmonari, per supportare, come tantissime aziende dell’Automotive hanno fatto in questi ultimi mesi, il sistema sanitario nazionale, donando apparecchiature e materiale utili per la lotta al coronavirus. Domenica 10 maggio l’azienda di Palo Alto ha annunciato sui social il ritorno in fabbrica e la ripresa della produzione delle sue auto elettriche. Una decisione che ha fatto molto rumore, dal momento che la riapertura è di fatto avvenuta contravvenendo a quanto stabilito dalla contea di Alameda che avrebbe, illegalmente, secondo Tesla, ignorato il permesso alla ripartenza concesso invece dallo stato della California, consentito inoltre a tutte le altre aziende del settore negli Stati Uniti.
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Ad opporsi alle decisioni della contea americana dove sorge lo stabilimento di Fremont, il ceo di Telsa, Elon Musk, che da subito ha dichiarato sui social di essere in prima linea al fianco dei suoi operai e, come un moderno William Wallace a difesa del movimento elettrico, pronto a essere arrestato per difendere la legittimità del proprio gesto.
Tesla is restarting production today against Alameda County rules. I will be on the line with everyone else. If anyone is arrested, I ask that it only be me.
— Elon Musk (@elonmusk) May 11, 2020
Dopo un confronto piuttosto tumultuoso, durato una settimana, tra i rappresentanti dell’azienda e le autorità, mercoledì è arrivato anche l’ok ufficiale da parte della contea per la ripresa della produzione nel sito californiano, a patto che Tesla rispetti il piano di Prevenzione e controllo Covid-19 necessario per il regolare riavvio delle attività.
Alameda County Update on Tesla, May 12: We received Tesla’s site-specific Fremont COVID-19 Prevention and Control Plan yesterday as anticipated. A site-specific plan is a part of the Governor’s guidance for reopening manufacturing. pic.twitter.com/KsooDIKUYG
— Alameda County Public Health Department (@Dare2BWell) May 13, 2020
Portavoce non ufficiale di quella parte di americani che ha più volte manifestato la propria insofferenza al lockdown, ancora una volta Musk non si era risparmiato – in questi mesi aveva, forse frainteso, minimizzato l’emergenza epidemiologica mondiale e il panico scatenato dall’arrivo del virus oltreoceano – trovando dalla sua, oltre al popolo dei dissidenti, anche il presidente Trump che, sempre via social aveva spezzato una lancia a favore dell’azienda californiana, affinché fosse concessa una riapertura “Fast & Safely!”.
Musk aveva annunciato di avere intentato una causa contro la contea di Alameda, rea di essere intervenuta in modo incostituzionale, oltre che contro il comune buon senso, e minacciato inoltre di spostare l’intera produzione in Texas o in Nevada, ventilando così la possibilità di lasciare la California orfana dell’ultima azienda automotive rimasta sul territorio, che dà lavoro a oltre 10 mila dipendenti. Qualche giorno dopo, in un comunicato stampa Tesla ha spiegato che il piano per la ripresa della produzione, conseguenza di mesi di attenta preparazione, è stato formulato sull’esempio di quello già messo a punto in Cina, nella gigafactory di Shanghai, che prevede, tra le altre cose, anche un training completo di tutto il personale eseguito con un video online. Le linee guida per garantire la messa in sicurezza dell’ambiente di lavoro sono contenute nel documento Tesla Return to Work playbook.
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