Migliaia di persone si sono riunite per manifestare contro la legge anti-aborto approvata in Texas, tra le più restrittive del Paese.
L’aborto in Texas è diventato praticamente impossibile
Con 5 voti a favore e 4 contrari, la Corte Suprema ha deciso di lasciare in vigore la legge texana che vieta l’aborto dopo la sesta settimana di gravidanza.
La controversa legge del Texas che vieta l’aborto dopo le prime sei settimane di gravidanza, anche in caso di stupro o incesto, rimane in vigore. È quanto ha deciso la Corte suprema degli Stati Uniti. Si tratta della normativa più stringente in materia dal 1973, l’anno della storica sentenza chiamata Roe v Wade che aveva reso l’accesso alla procedura un diritto costituzionale.
Entra in vigore la legge del Texas sull’aborto
La legge è stata proposta dal governatore del Texas Greg Abbott a maggio 2021 ed è entrata in vigore mercoledì 1 settembre, dopo che la Corte suprema non ha accolto un appello di emergenza presentato da medici e sostenitori del diritto all’aborto che volevano bloccarla.
I giudici Clarence Thomas, Samuel Alito, Neil Gorsuch, Brett Kavanaugh, Amy Coney Barrett si sono espressi a favore della legge. È importante sottolineare che gli ultimi tre sono stati nominati durante la presidenza di Donald Trump. Al contrario, John Roberts – presidente della Corte –, Stephen Breyer, Sonia Sotomayor ed Elena Kagan si sono opposti.
Il presidente Joe Biden si è espresso contrario alla decisione e ha riconfermato il sostegno della Casa Bianca agli attivisti. “Questa legge viola i diritti costituzionali sanciti da Roe v Wade e riconosciuti come precedente per quasi mezzo secolo”, ha affermato.
L’85% delle donne texane avrebbe difficoltà ad accedere alle cure
La paura di molti attivisti è che questa normativa renda impossibile l’accesso all’aborto in Texas e che costringa le cliniche che lo praticano a chiudere. La maggior parte delle donne texane (l’85 per cento) avrebbe infatti difficoltà ad accedere alle cure, dato che la maggior parte di loro non sarebbe consapevole di essere incinta entro le sei settimane previste.
Inoltre, uno dei punti più criticati e ritenuti più pericolosi dagli attivisti è la possibilità da parte dei cittadini di citare in giudizio chiunque aiuti le donne ad abortire dopo le sei settimane. Questo non include solo il medico che esegue la procedura, ma anche chi paga le spese o chi accompagna le donne alle cliniche.
Anche per questo motivo, alcuni attivisti sostengono che la legge faccia parte di un piano del Partito repubblicano per imporre nuove restrizioni sugli aborti. Altri 12 stati hanno infatti cercato di imporre dei divieti simili all’inizio delle gravidanze, ma fino adesso sono stati tutti bloccati.
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