— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) October 27, 2020
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Amy Coney Barrett è il nuovo giudice della Corte suprema statunitense. Si definisce un’originalista, motivo per cui le sue idee preoccupano i democratici.
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Il pizzo che portava intorno al collo era divenuto il simbolo della sua lotta per l’uguaglianza di genere, tanto che dopo la sua morte persino i giocatori dell’Nba, la famosa lega di basket americana, l’hanno indossato in suo onore. Perché Ruth Bader Ginsburg, anche conosciuta con il soprannome di Notorious RBG, era davvero una supereroina con la toga al posto del mantello. È stata la seconda donna della storia ad essere nominata giudice della Corte suprema statunitense, dove non ha mai smesso di combattere per ciò in cui credeva.
Il presidente Donald Trump ha voluto che il suo posto venisse preso da Amy Coney Barrett: 48 anni, cattolica, conservatrice e anti-abortista. Il suo insediamento è stato approvato dal Senato con 52 voti a favore e 48 contrari: è il primo giudice dal 1869 a non ricevere alcun voto dal partito d’opposizione, in questo caso quello democratico. “Sarò indipendente dalla politica e dalle mie preferenze”, ha chiarito lei dopo il giuramento. Questo sarà da vedere.
Amy Coney Barrett è nata e cresciuta a New Orleans, in Louisiana, ed è la maggiore di sette fratelli. Lei stessa ha sette figli, di cui due adottati. Attualmente vive a South Bend, nell’Indiana, con il marito Jesse. È cattolica praticante e fa parte del gruppo conservatore People of praise.
Nel 1990 Barrett si è diplomata alla St. Mary’s dominican high school, quindi si è laureata con il massimo dei voti in Letteratura inglese al Rhodes college. Ha poi frequentato la Notre Dame law school ottenendo, per essere stata la prima nella sua classe, il premio Hoynes, la più alta onorificenza della facoltà di Giurisprudenza. Parallelamente alla professione forense, Barrett ha esercitato quella di docente di Diritto e Interpretazione statutaria proprio alla Notre Dame. Nel 2017 è stata nominata giudice federale presso la Corte d’appello degli Stati Uniti per il settimo circuito giudiziario a Chicago, prima di diventare nel 2020 giudice della Corte suprema.
“Amy Coney Barrett si definisce una ‘originalista’: questo significa che interpreta la Costituzione per com’è scritta e per il periodo in cui è stata scritta. Quindi per lei non c’è margine di interpretazione, non sono ammessi aggiornamenti a quelli che sono i tempi attuali”, spiega Simona Siri, giornalista e scrittrice residente a New York, esperta di politica americana.
Tendo ad essere d’accordo con coloro che affermano che il dovere di un giudice sia nei confronti della Costituzione e che sia quindi più legittimo far valere la sua migliore comprensione del testo piuttosto che un precedente che ritiene in conflitto con esso.
“Probabilmente verrà messa in discussione Roe contro Wade, storica sentenza del 1973 che ha sancito la legalità dell’aborto negli Stati Uniti”, prosegue Siri. Anche l’assistenza sanitaria e i diritti della comunità lgbtq+ sono temi affrontati dalla Corte suprema. “Per quanto riguarda l’ambiente, Barrett si è rifiutata di rispondere alle domande che le sono state poste durante le audizioni per la sua conferma, sostenendo che in questo momento il clima rappresenti un tema politico e dunque lei non possa esprimersi. Questo ha destato molta preoccupazione fra i democratici e fra chi si occupa di riscaldamento globale, perché in realtà non dovrebbe rappresentare un tema politico, ma una questione trasversale che interessa tutti”, conclude la giornalista.
Oggi alla Corte suprema ci sono sei giudici che possono essere definiti conservatori – il presidente John Roberts, Clarence Thomas, Samuel Alito, Neil Gorsuch, Brett Kavanaugh e la stessa Barrett – e soltanto tre progressisti – Stephen Breyer, Sonia Sotomayor ed Elena Kagan –. Uno spostamento così forte a favore dei repubblicani non avveniva dagli anni Trenta.
La Corte suprema ha il compito di esprimersi su alcune delle questioni più importanti per il paese, svolgendo come principale funzione quella di “giudice” della costituzionalità delle leggi statali e federali. A pochissimo tempo dalle elezioni presidenziali del 3 novembre, anche il voto potrebbe essere profondamente influenzato dalle decisioni della corte, soprattutto in un momento così delicato come la pandemia che stiamo vivendo, che ha spinto moltissimi americani a scegliere di votare in anticipo, per posta o nei seggi già aperti.
Il voto per posta è stato largamente criticato da Donald Trump e dal Partito repubblicano in generale. In Carolina del Nord, per esempio, i repubblicani avevano chiesto di ridurre il tempo per votare per posta a tre giorni, istanza che inaspettatamente è stata respinta dai giudici della Corte suprema – decisione che però è stata presa senza Barrett dato che, essendosi appena insediata, ha preferito non intervenire. Il vero timore è che Trump, in caso di sconfitta, possa contestare il risultato elettorale: a quel punto sarebbe compito della corte decidere se invalidare la votazione. E con sei giudici dalla sua parte, forse la richiesta del tycoon potrebbe anche essere accolta, causando così un gravissimo stallo a livello internazionale.
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