Al via i primi colloqui di pace tra l’Etiopia e i ribelli del Tigray

Delegazioni del governo etiope e del Tigray people’s liberation front (Tplf) si stanno incontrando in Sud Africa. Ma sul campo la guerra prosegue.

  • Sono i primi negoziati di pace ufficiali tra le parti belligeranti dall’inizio del conflitto in Tigray nel novembre 2020.
  • La guerra ha causato circa 500mila morti. Il governo etiope ed eritreo sono accusati di crimini contro l’umanità.
  • Il raggiungimento di un accordo è difficile: da qualche settimana le autorità di Addis Abeba hanno ripreso i bombardamenti.

Martedì 25 ottobre per la prima volta dall’inizio della guerra in Tigray sono iniziati dei colloqui di pace ufficiali. Delegazioni del governo etiope e dell’alleato eritreo, così come rappresentati del Tigray people’s liberation front (Tplf), sono arrivati in Sud Africa e sotto la supervisione dell’Unione Africana e di alcuni mediatori proveranno a trovare una soluzione a un conflitto che è anche una catastrofe umanitaria.

Una manifestazione contro la guerra in Tigray
Una manifestazione contro la guerra in Tigray © Sean Gallup/Getty Images

Il raggiungimento di un accordo sembra però difficile, visto che nel frattempo sul campo sono ripresi gli scontri violenti dopo cinque mesi di cessate il fuoco.

In Tigray si continua a combattere

La guerra in Tigray è scoppiata nell’autunno del 2020 a causa di contrasti etnici. L’anno precedente il presidente etiope Abiy Ahmed Ali aveva creato il Partito della prosperità, un’unione tra i diversi partiti che caratterizzavano la coalizione dell’esecutivo etiope. 

Il Tigray people’s liberation front (Tplf) fu l’unica compagine a opporsi a questo cambiamento perché avrebbe portato a una perdita del potere e della rappresentanza tigrina. Nel 2020 dovevano tenersi le elezioni nel paese ma il presidente le annullò per il coronavirus. Il Tplf organizzò un voto autonomo in Tigray che ruppero definitivamente i rapporti con Addis Abeba. Dopo una serie di attentati dei ribelli tigrini, nel novembre 2020 il governo etiope diede il via a un’offensiva militare che a oggi ha causato circa 500mila morti per le cause dirette e indirette del conflitto. Una tragedia umanitaria, caratterizzata anche da frequenti crimini di guerra e contro l’umanità commessi dalle forze governative etiopi, appoggiate dall’esercito eritreo.

Nel marzo 2022 le parti belligeranti hanno annunciato un cessate il fuoco. Sembrava potesse essere un piccolo passo verso la pace, ma a partire da agosto le forze governative hanno ripreso la loro offensiva, guadagnando sempre più terreno nella regione nel nord del paese e conquistando città come Adwa e Shire. Le bombe hanno colpito edifici civili, centri di accoglienza per rifugiati e anche asili nido, causando la morte di numerosi bambini. In un attacco di Addis Abeba ha perso la vita anche un operatore umanitario dell’International rescue committee, proprio mentre consegnava cibo e medicine ai tigrini in difficoltà. Nelle ultime settimane di conflitto sarebbero morte almeno 100 persone e altre 500mila sarebbero fuggite dalle loro case, andando a incrementare il già enorme bilancio di milioni di sfollati in Tigray dall’inizio della guerra.

I primi negoziati di pace ufficiali

In questo contesto difficile, delegazioni dei governi etiope ed eritreo e rappresentanti dei ribelli del Tigray people’s liberation front (Tplf) si stanno incontrando in Sud Africa nei primi negoziati di pace ufficiali dall’inizio del conflitto. 

A mediare c’è l’Unione africana, così come un trittico di persone composto dall’ex vicepresidente sudafricano Phumzile Mlambo-Ngcukam, dall’ex presidente del Kenya Uhuru Kenyatta e dall’ex presidente nigeriano Olusegun Obasanjo. La presenza di quest’ultimo ha indispettito i rappresentati tigrini, perché considerato vicino al governo etiope. Le richieste del Tigray people’s liberation front (Tplf) ai colloqui sono la fine delle ostilità, l’accesso agli aiuti umanitari e il ritiro delle truppe eritree dal conflitto in Etiopia. Eppure difficilmente riusciranno a ottenere qualcosa dai negoziati, dal momento che mai come ora si trovano a parlare da una posizione di debolezza, visto che le forze governative nelle ultime settimane hanno guadagnato molto terreno sul campo di battaglia.

Chi guarda con interesse ai colloqui sono gli Stati Uniti, che lo scorso week end hanno partecipato con propri aerei al trasferimento dei delegati tigrini in Sud Africa. Proprio Washington a settembre aveva organizzato un incontro in Gibuti a cui avevano partecipato delegati del Tigray people’s liberation front (Tplf) e del governo di Addis Abeba. Un colloquio di pace non ufficiale che comunque si era concluso con un nulla di fatto. Ora il segretario di Stato Usa Antony Blinken ha dichiarato di essere in contatto con i mediatori dei nuovi negoziati per aiutare a trovare una soluzione al conflitto.

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