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Trasparenza, è ora di sapere a chi appartengono davvero le aziende
Il primo passo per investire in modo responsabile è sapere con chi si ha a che fare. Ma, oggi come oggi, la trasparenza non è affatto da dare per scontata. In molti casi, i reali proprietari delle aziende sono celati dietro a un dedalo di società anonime che rende pressoché impossibile rintracciarli. È arrivata l’ora
Il primo passo per investire in modo responsabile è sapere con chi si ha a che fare. Ma, oggi come oggi, la trasparenza non è affatto da dare per scontata. In molti casi, i reali proprietari delle aziende sono celati dietro a un dedalo di società anonime che rende pressoché impossibile rintracciarli. È arrivata l’ora di infrangere questo meccanismo e pretendere chiarezza. Lo dice un nuovo rapporto di Global Witness, scritto in collaborazione con la Coalizione per la trasparenza finanziaria. E lo dicono i diretti interessati, vale a dire gli investitori di tutto il mondo, che hanno raccolto l’appello con convinzione.
Se manca la trasparenza, le conseguenze sono pesanti
È impossibile, o quasi, capire chi si nasconde dietro a una delle cosiddette “società schermo”. Ed è per questo che soggetti criminali o corrotti le sfruttano per evadere le tasse, evitare le sanzioni o agevolare il pagamento di tangenti. Questa è una realtà che vale in qualsiasi Paese e in qualsiasi campo, ma secondo Global Witness esistono settori più a rischio di altri: estrazioni minerarie, costruzioni, magazzini e trasporti, informazione e comunicazione.
Alcuni esempi possono far capire meglio cosa si intende, nel concreto, per “rischi”. Eni e Royal Dutch Shell sono sotto indagine per una presunta maxi-tangente per il giacimento nigeriano Opl245, girata a una società-schermo che secondo l’accusa è riconducibile all’ex-presidente del Paese africano. La compagnia telefonica TeliaSonera è sospettata di aver fatto transitare milioni di dollari verso i business controllati dalla figlia del presidente uzbeko, per assicurarsi le licenze per operare nel Paese. Coca Cola Company invece ha avviato un’indagine sul suo partner locale in Myanmar, dopo aver scoperto che un dirigente e azionista deteneva una quota di maggioranza in un’industria della giada. Il commercio di giada birmana è sotto i riflettori perché teatro di pesanti abusi all’ambiente e ai diritti umani. Per giunta, tale società è stata in passato legata a un produttore statunitense di armi, andato incontro a guai giudiziari.
Cos’hanno in comune questi episodi? In tutti e tre i casi, gli investitori non potevano aver chiara dal primo momento la reale proprietà di tutte le società che gravitano nell’universo dell’azienda. E quindi non potevano immaginare che si manifestassero i problemi giudiziari di cui loro stessi rischiano di pagare le conseguenze.
Gli investitori si uniscono all’appello
A battersi per la trasparenza non è soltanto Global Witness, ma anche chi i capitali li maneggia quotidianamente. Un gruppo di investitori provenienti da tutto il mondo, che insieme gestiscono asset pari a 740 miliardi di dollari, ha infatti inviato una lettera alla Camera e al Senato degli Stati Uniti. L’obiettivo è quello di sostenere il progetto di legge sulla trasparenza (noto come “Incorporation Transparency and Law Enforcement Assistance Act”).
Non è solo una questione etica – sottolineano – ma anche una questione di business. “La corruzione comporta un costo reale per investitori, azionisti, piccole imprese, consumatori e per il pubblico. E tra questi costi c’è anche l’insediamento di una cultura aziendale che tollera comportamenti poco etici – si legge nella missiva –. Reati come le tangenti, facilitati dalla possibilità di celare la proprietà di un’azienda, sono in grado di erodere le istituzioni democratiche, le norme di legge e la tutela dei diritti umani. Riconoscendo l’importanza di tale questione, i numeri uno nel campo della finanza internazionale concordano sul fatto che porre un freno alle società anonime avrà come risultati mercati più competitivi, un sistema finanziario più stabile e uno sviluppo più sostenibile”.
Foto in apertura: Yongyuan Dai / Getty Images
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