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Grazie a corde, imbrago e moschettoni, si librano tra chiome e branche, arrivando dove nessun altro può arrivare. Con un solo obiettivo in mente: la salute dell’albero. Tutto il fascino di questa professione, raccontata da chi la pratica da anni.
Guardare il mondo dal punto di vista degli alberi. Potrebbe essere questo la descrizione in pochissimi caratteri della professione del tree climber. Un green job che presto diventa uno stile di vita. Dove è l’albero ad essere il protagonista, e chi arrampica diventa un ospite, che lo studia, lo osserva, lo rispetta.
Arrampicarsi sugli alberi fa parte del nostro codice genetico, prima ancora di diventare Homo sapiens e prima ancora di “conquistare” le ampie distese africane. La tecnica vera e propria dell’arrampicata con le corde, nasce invece negli Stati Uniti negli anni ’20 del secolo scorso, approdando in Europa grazie ad Inghilterra, Germania e gli altri Paesi del Nord. In Italia è una pratica relativamente giovane e ad oggi si contano poco più di 700 tree climbers certificati in tutta Italia.
Il tree climber lavora in chioma, da un punto di vista privilegiato. Per questo è l’ideale nell’alleggerimento dei rami o di intere brache, magari rese pericolose da episodi di maltempo. Inoltre può arrivare dove i mezzi meccanici non possono giungere e può intervenire solo dove c’è veramente bisogno, lavorando dall’interno della chioma verso l’esterno, senza dove tagliare rami per far posto al classico cestello.
Uno dei veterani è certamente Stefano Lorenzi, arboricoltore certificato e istruttore alla Scuola Agraria di Monza: “Ho iniziato questo lavoro nel 1993 e ho contribuito fin da giovanissimo a diffondere il tree climbing in Italia. Amo questo lavoro perché ti permette di visitare luoghi stupendi, per il rapporto che si crea con i colleghi e perché ti permette di risolvere situazioni sempre diverse che si presentano”. In effetti non tutti possono dire di avere l’ufficio sulla cima di un albero.
E certamente non si tratta di un lavoro monotono: “Il treeclimbing ti propone di lavorare in situazioni sempre nuove”, racconta Riccardo Ferrari, esperto tree climber, volontario del soccorso alpino e istruttore certificato Etw (European tree worker). “Nuovi paesaggi, nuovi alberi, nuove persone. È una via di comprensione del mondo”.
Il valore degli alberi. Esistono decine di studi sul valore economico di un albero, e in particolare del verde pubblico. Ma un albero, un bosco, la foresta: “ha un influsso benefico anche sulla stabilità psicologica di un cittadino. Non a caso le zone degradate, anche da un punto di vista sociale, son sempre quelle senza alberi”, sottolinea Lorenzi. Ma c’è anche un atavico legame secondo Ferrari: “sinceramente ho sempre sentito la sacralità degli alberi fin da quando ero piccolo. Credo che nella sola architettura di un albero si nascondano i misteri della natura”. Parole confermate anche dagli eventi recenti accaduti a Varese, dove un ragazzo si è arrampicato su di un cipresso per impedirne l’abbattimento.
Credo che nella sola architettura di un albero si nascondano i misteri della natura
Una corretta gestione, senza moralismi. Ma gli alberi a volte vanno anche abbattuti. E in questo ruolo, chi si arrampica parte privilegiato perché è in grado di “smontare un grande albero pezzo per pezzo”, citando Ferrari. “Un albero va abbattuto quando non è più sano e quando soprattutto in città è diventato un rischio per la sicurezza. Un albero in città – continua Lorenzi – invecchia molto prima. Personalmente trovo negativo l’accanimento terapeutico, sia per l’albero e la sua dignità, sia per noi.”
Preparazione, etica, tecnica. Sono queste le caratteristiche che fanno di un operatore che lavora in chioma un bravo tree climber. Un professionista che mette al primo posto la salute e la sicurezza dell’albero. Quindi niente capitozzatura (tecnica di potatura degli alberi che prevede il taglio indiscriminato del fusto, delle branche primarie o di grossi rami), che mette a repentaglio la vita stessa dell’albero e che comunque lo danneggia irrimediabilmente. Un buon lavoro lo si riconoscerà perché mantiene la forma originaria della chioma, quello che migliaia d’anni di evoluzione hanno selezionato.
“Da 20 anni oltre a lavorare con per e sugli alberi, mi batto con i colleghi della Sia (Società italiana di arboricoltura) per cercare di diffondere una consapevolezza reale di quanto sia importante gestire correttamente gli alberi in città. Il mio sogno è di rendere l’albero desiderato e amato al pari di tanti status symbol inutili che invece adoriamo ora”, conclude Lorenzi. “Dal mio canto desidero fortemente che il destino degli alberi sia messo nelle mani di chi studia lavora e dedica la loro vita a loro. Oggi i cittadini devono imparare che esistono gli arboricoltori ed è a loro che spetta l’ultima parola sull’argomento”.
Eccoli i nuovi custodi degli alberi. Preparati, di grande esperienza, dediti alla salute degli alberi.
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