![Disastro ambientale nelle Filippine per il naufragio di una petroliera](https://cdn.lifegate.it/QBlvR-Tk_3h2TfimNFfKOU9a-gI=/470x315/smart/https://www.lifegate.it/app/uploads/2024/07/gettyimages-1472120300-e1721986649699.jpg, https://cdn.lifegate.it/vev16Yif4memfevYVnlW-KXSFb8=/940x630/smart/https://www.lifegate.it/app/uploads/2024/07/gettyimages-1472120300-e1721986649699.jpg 2x)
La MT Terra Nova, che trasportava 1,4 tonnellate di carburante, è affondata nel mare delle Filippine causando uno sversamento lungo chilometri.
A una settimana dallo tsunami, sono state recuperate più di 30 tartarughe spazzate via dall’onda. Una storia che accende un barlume di speranza nell’Indonesia piegata dalla tragedia.
Era la serata di sabato 22 dicembre (le 15:30 in Italia) quando un potente tsunami ha colpito improvvisamente l’Indonesia. A una settimana di distanza, il bilancio è tragico. Secondo gli ultimi dati ufficiali diffusi il 28 dicembre, i morti accertati sono 426. Sono state nettamente alzate le stime relative al numero di feriti (le autorità parlano di 7mila persone, la stima precedente era pari a 1.495) e di sfollati (più di 40mila persone, quasi il doppio rispetto ai 22mila ipotizzati fino a poco fa). Le operazioni di soccorso procedono nella consapevolezza del fatto che, con il passare dei giorni, diminuiscano le probabilità di trovare persone ancora in vita. Dopo giornate di duro lavoro, i soccorritori hanno recuperato un po’ di motivazione quando sono riusciti a trarre in salvo più di trenta tartarughe.
Leggi anche: Indonesia, potente tsunami colpisce le coste. Centinaia i morti
A raccontare questa storia, una delle pochissime note positive nella cronaca del disastro naturale, è il quotidiano Guardian. Le tartarughe erano state trascinate a riva dallo tsunami nella provincia di Banten, ai confini occidentali dell’isola di Giava. La maggior parte dei rettili era arenata nel resort Tanjung Lesung, dove hanno perso la vita almeno 106 persone. I volontari le hanno notate e, dopo essersi presi cura delle vittime, hanno organizzato un gruppo di soccorso di sette persone che ne ha recuperate venti, per poi lasciarle libere nell’oceano. Altre 13 sono state salvate da un secondo team formato dagli operatori della Serang nature conservation agency, che ha sede nei pressi del resort.
L’operazione non è stata facile, visto che alcuni esemplari pesavano almeno due quintali ed erano a circa un chilometro di distanza dalla costa. “Erano pesanti, servivano quattro di noi per spostarne una”, ha raccontato al Guardian Silusto, un soccorritore. “Alcune erano capovolte o sotto le macerie. Abbiamo costruito una barella con una tela cerata, i sacchi del riso e alcuni pezzi di legno”.
Volunteers helped stranded turtles return to the sea after a tsunami in Indonesia, which killed at least 430 people in Sumatra and Java. An animal welfare organization said they were able to return 18 of the 21 turtles that had washed ashore. https://t.co/SCsSvi32Qd pic.twitter.com/qaQuoSqgq2
— ABC News (@ABC) 27 dicembre 2018
Tra gli esemplari salvati c’erano tartarughe comuni (caretta caretta), ma anche specie più rare come la tartaruga embricata e la tartaruga verde. Un gruppo di pescatori ne aveva già caricate alcune su una moto, ma è stato prontamente fermato dai volontari. “È stata una sensazione incredibile vederle tornare nell’oceano, con le zampe che toccavano l’acqua. È stato il momento più bello”, conclude Silusto.
Sembra non esserci pace per la popolazione indonesiana. Alle 12:30 (ora locale) del 28 dicembre si è segnalata una nuova forte scossa di magnitudo 6.1. L’epicentro si trova a una profondità di 26 chilometri nei pressi della città di Manokwari, nella metà occidentale dell’isola di Papua (che fa parte dello stato dell’Indonesia, a differenza della metà orientale, che costituisce lo stato indipendente di Papua Nuova Guinea). La scossa non ha generato onde anomale ma, come riporta al Jazeera, ha comprensibilmente scatenato il panico nella popolazione, già provata dai fatti tragici degli ultimi giorni. Per ora non sembrano esserci vittime, anche perché la zona è scarsamente popolata.
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