Cosa chiede la Turchia per accettare Svezia e Finlandia nella Nato

La Turchia, membro della Nato dal 1952, accusa Svezia e Finlandia di sostenere il Partito dei lavoratori del Kurdistan e i combattenti curdi in Siria.

  • La Turchia continua ad opporsi all’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato.
  • Ankara accusa le due nazioni scandinave di sostenere il Partito dei lavoratori del Kurdistan.
  • È stato avviato un negoziato tra le parti.
  • Il rischio è che a pagare il prezzo più alto saranno i curdi.

L’ingresso della Svezia e della Finlandia nella Nato continua ad incontrare l’opposizione della Turchia. La nazione guidata da Recep Tayyip Erdogan ha sin dall’inizio manifestato le proprie riserve, accusando in particolare Helsinki di aver ospitato alcuni membri del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), considerato di matrice terrorista da Ankara. La Svezia, al contempo, è sospettata dalla Turchia di aver foraggiato l’organizzazione curda.

Per accettare nuovi stati nella Nato serve l’ok unanime dei membri attuali

Così, mercoledì 25 maggio le due nazioni scandinave hanno inviato delle delegazioni nella capitale turca, allo scopo di avviare un negoziato che si annuncia tuttavia complesso e lungo. Si tratta di un passaggio cruciale per l’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato poiché, per essere approvato, esso dovrà ottenere un via libera unanime da parte degli attuali 30 membri dell’Alleanza atlantica.

Turchia erdogan
Il presidente della Turchia Erdogan © Kayhan Ozer/Anadolu Agency/Getty Images

La Turchia, secondo quando spiegato dalla stampa internazionale, pone una serie di condizioni. Tra queste, l’estradizione di alcune persone considerate dei terroristi, nonché la fine dell’embargo sulla vendita di armi che è attualmente in vigore proprio ai danni di Ankara.

Dalle estradizioni all’embargo sulle armi: le richieste della Turchia

Su quest’ultimo punto un portavoce di Erdogan, Ibrahim Kalin, ha accolto con favore quella che ha definito “un’attitudine positiva” da parte degli interlocutori scandinavi, nel corso dei primi colloqui. Ma il governo di Ankara ha anche voluto ribadire la propria risolutezza: “Abbiamo spiegato in modo netto il nostro messaggio: finché la Turchia non otterrà risposte sulle inquietudini che esprime in tema di sicurezza, e ciò con gesti concreti e sulla base di un calendario preciso, il processo non potrà avanzare”.

La Turchia di Erdogan, dunque, appare inflessibile. Almeno finora. E soprattutto non ritiene urgente l’ingresso nella Nato di Svezia e Finlandia. Che da parte loro stanno tentando di moltiplicare le rassicurazioni: “La nostra nazione non fornisce né armi né denaro alle organizzazioni terroristiche”, ha affermato la prima ministra di Stoccolma, Magdalena Andersson nel corso di una conferenza stampa.

Un negoziato sulla pelle del popolo curdo?

La leader svedese ha anche aggiunto di essere pronta ad affrontare alcune “ambiguità” oggetto delle critiche mosse da Erdogan. Quest’ultimo, da parte sua, punta il dito su un presunto aiuto di 376 milioni di dollari, a favore del Pkk e dei combattenti curdi in Siria dell’Ygp. Nonché su presunte forniture di materiale bellico, “in particolare armi anticarro e droni”.

C’è da chiedersi se, in tutto questo quadro, verranno considerate o meno le necessità dei curdi. I combattenti in Siria hanno infatti giocato, per anni, un ruolo fondamentale nella lotta contro i terroristi dell’Isis. La minoranza, inoltre, da decenni viene vessata da Ankara: non soltanto nel caso del Pkk ma anche del Partito democratico dei popoli (Hdp), il principale movimento politico filo-curdo della Turchia. Il rischio è che il negoziato tra Turchia, Finlandia, Svezia e Nato possa risolversi sulla pelle del popolo curdo.

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