Beyond Zero

Il Giappone è un modello di turismo accessibile, parola di un viaggiatore esperto

Il turismo accessible in Giappone è in costante miglioramento, grazie anche all’impegno di Josh Grisdale ad aprire le porte ai viaggiatori con disabilità.

“Mi piace andare in posti in cui non sono mai stato per imparare cose nuove”, racconta Josh Grisdale, canadese trapiantato in Giappone che, oltre a collaborare con gli enti locali per migliorare l’accessibilità per i viaggiatori con disabilità, ha fondato il sito Accessible Japan per promuovere il paese come destinazione turistica. Qui si trovano tante informazioni utili e risposte alle domande degli utenti per far sì che l’ospitalità giapponese – omotenashi  sia davvero alla portata di tutti.

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Josh Grisdale, fondatore del sito Accessible Japan sul turismo accessibile in Giappone © Mara Budgen

Gli ultimi mesi hanno visto il turismo cambiare radicalmente in tutto il mondo, tanto più in Giappone, costretto a rinviare le Olimpiadi di Tokyo 2020 da quest’estate alla prossima. “Penso che sia stata la scelta giusta”, commenta Grisdale, “e spero che con un anno in più di preparativi, il livello di accessibilità sarà ancora migliore. Inoltre, la pandemia di coronavirus ha messo in evidenza che la salute non è da prendere per scontato e che la disabilità può riguardare chiunque, anche se solo temporaneamente. Inoltre, l’esperienza della quarantena ci fa riflettere sul fatto che chi è affetto da disabilità è costretto a convivere con certe restrizioni anche in tempi ‘normali’. La mia speranza è che, nell’affrontare questa sfida, saremo in grado di abbracciare il valore della compassione e di accettare sempre il prossimo”.

Un ambasciatore del turismo accessibile in Giappone

Accessible Japan è nato dalla passione di Grisdale per i viaggi ma anche dalla sua conoscenza personale delle difficoltà che affrontano i turisti disabili – è affetto da paraplegia e da paralisi cerebrale e utilizza una sedia a rotelle elettrica da quando ha quattro anni. Ma questo non l’ha mai fermato nel seguire i suoi sogni. Ad esempio, dopo avere studiato giapponese al liceo è voluto partire alla volta della terra del Sol Levante per la prima volta vent’anni fa. “Il paese diventava sempre più accessibile ogni volta che ci tornavo”, spiega, a tal punto da decidere di trasferirsi e diventare cittadino. Ci ha parlato di quello che è iniziato come un semplice blog di viaggi ed è diventata una delle principali fonti d’informazione sul turismo accessibile in Giappone in lingua inglese, con oltre 100mila utenti all’anno.

Fushimi Inari Taisha, Kyoto
Il santuario di Fushimi Inari Taisha, una delle attrazioni principali della città di Kyoto © David Emrich/Unsplash

Perché hai deciso di creare Accessible Japan?
Il mio obiettivo è quello di promuovere il Giappone come destinazione accessibile. La maggior parte delle persone prova entusiasmo quando programma la propria vacanza e lo stesso vale per i turisti con disabilità, che però devono affrontare anche ansie e preoccupazioni, ad esempio riguardo alla possibilità di fare o non poter fare certe cose. Vorrei alleviare queste paure dando le informazioni che servono alle persone per sentirsi entusiaste mentre programmano il loro itinerario.

In che modo gli utenti aiutano a migliorare il sito?
All’inizio era una specie di blog sui luoghi che avevo visitato. Ma con Accessible Japan sono cresciuto molto come persona, anche il mio modo di vedere l’accessibilità è cambiato. Mi piace ribadire che non sono un esperto sul tema della disabilità: “ma sei in sedia a rotelle”, mi dicono le persone. Però l’accessibilità non è solo questo. Anch’io avevo questa percezione prima, ma interagendo con gli utenti mi sono reso conto che c’erano cose a cui non avevo mai pensato – ad esempio, a come portare un cane guida in viaggio. Tutto ciò influenza il modo in cui scrivo i contenuti del sito. Non faccio recensioni positive o negative, spiego semplicemente le caratteristiche di un luogo e le sfide che si potrebbero presentare, ma lascio che sia il lettore a decidere se fare quella cosa o meno.

Ci sono occasioni in cui sei rimasto piacevolmente sorpreso dall’accessibilità del turismo in Giappone?
Una cosa che mi sorprende sempre è la voglia di migliorarla costantemente. Ad esempio, il santuario di Meiji, una delle attrazioni principali a Tokyo, era già una struttura accessibile ma hanno voluto migliorarla ancora di più: c’è un sentiero in ghiaia che può essere difficile da percorrere in sedia a rotelle e hanno messo un percorso pavimentato a lato, e in più hanno ottimizzato le rampe quindi si può accedere praticamente a qualsiasi parte del sito. Un altro luogo di questo tipo è Sensoji, dove c’è un ascensore integrato nell’architettura del tempio in modo che sia poco visibile e non ne rovini la bellezza. Sono quindi riusciti a rendere inclusivo senza rovinare l’atmosfera.

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L’ingresso al complesso templare di Sensoji, uno dei luoghi di maggiore interesse turistico a Tokyo © Nicholas Doherty/Unsplash

Quali sono invece le sfide più significative?
La sfida più grande è trovare le informazioni giuste, soprattutto per quanto riguarda le zone rurali, dove anche i trasporti possono diventare un problema. Un’altra sfida è trovare ristoranti e bar adeguati perché tanti sono troppo piccoli. Inoltre, in Giappone molti edifici hanno il genkan, un’anticamera all’ingresso dove c’è un gradino – fa parte della cultura e le persone sanno che qui si devono togliere le scarpe. Però c’è da dire che il governo sta incoraggiando le piccole attività a diventare più accessibili e si pensa molto di più a queste cose rispetto a prima.

Il Giappone, quindi, è una destinazione accessibile?
Sicuramente. Ad esempio, con l’ente nazionale del turismo sono coinvolto in un progetto che si chiama “Team welcome” il cui obiettivo è incentivare le piccole attività commerciali a fare quello che possono per diventare più accessibili attraverso l’erogazione di fondi e spronandole a non vedere la disabilità come un ostacolo insormontabile. Questa è un’opportunità importante per il Giappone per diventare una società più inclusiva. È un paese ingegnoso, in cui viene posta molta attenzione sull’ospitalità. Specialmente ora che la popolazione sta invecchiando rapidamente, le persone sono più consapevoli dell’importanza di adottare i principi del design universale, cioè il design per tutti.

Quali sono i luoghi migliori in Giappone per i turisti con disabilità?
Qualsiasi grossa città, come Tokyo, Osaka e Kyoto. Ad esempio, nell’ultima tutti gli autobus e le stazioni dei treni sono accessibili. Oltre ai grandi centri, di recente sono stato a Tottori, una piccola prefettura che si affaccia sul mar del Giappone che è impegnata a diventare una destinazione più accessibile. Una delle attrazioni principali sono le dune di sabbia, una specie di piccolo deserto sull’oceano, dove è stata costruita una rampa per accedervi, e vengono anche messe a disposizione sedie a rotelle fatte apposta per andare nella sabbia. Inoltre, la metà dei taxi nella prefettura sono accessibili, una percentuale maggiore anche rispetto a Tokyo. Molti luoghi si stanno rendendo conto dei vantaggi, anche economici, di attrarre questa fetta di mercato.

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Le dune di sabbia di Tottori in Giappone © Carl Court/Getty Images

Quali sono i tuoi consigli per i viaggiatori disabili?
Inviterei le persone a informarsi bene prima di partire perché alcune cose potrebbero essere diverse rispetto a quello a cui sono abituati. Ad esempio, in Giappone gli alberghi sono molto limitati, purtroppo, e non ci sono linee guida precise su quali caratteristiche dovrebbe avere una stanza accessibile: alcune vanno bene, altre no, e in altre ancora hanno esagerato e sembra di stare in ospedale. Inoltre, consiglierei alle persone di contattare le strutture prima di visitarle. Penso che questo sia a beneficio di tutti perché se molti turisti richiedono informazioni sull’accessibilità, le strutture inizieranno a pensarci di più e si renderanno conto che anche alle persone disabili piace viaggiare.

C’è un posto in Giappone che non sei ancora riuscito a visitare? E cosa fai di solito per decidere se partire o meno?
Se solo ci fosse un sito con questo tipo di informazioni… Scherzi a parte, non ho ancora avuto la possibilità di visitare l’isola di Shikoku, mi piacerebbe andarci anche per mangiare gli udon, la pietanza tipica. La prima cosa che farei sarebbe consultare le informazioni disponibili in giapponese, poi contatterei i centri informazioni sul turismo accessibile locali.

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Sanuki udon è un piatto tipico della prefettura di Kagawa, sull’isola di Shikoku © Wakanmuri/Flickr

Perché ami viaggiare così tanto?
La mia famiglia mi ha sempre incoraggiato a fare esperienze diverse e mi piace andare in posti in cui non sono mai stato per imparare cose nuove. In passato ho praticato anche lo sci per disabili: benché non mi piacesse, è stata un’esperienza formativa perché mi ha insegnato a non farmi spaventare dalle sfide e saper prendere rischi. Anche in viaggio si affrontano rischi, sfide e situazioni inaspettate ma il compenso è troppo grande per rinunciarci.

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