Un compromesso piatto e al ribasso. La Cop30 sul clima ha deluso le aspettative ed è terminata con accuse reciproche tra i governi.
Una ong olandese ha proposto, sulla base di uno studio scientifico, di introdurre una tassa del 25 per cento sulla carne.
Consumare carne, soprattutto se in grandi quantità, è incompatibile con la difesa del clima. Già nel 2016, uno studio scientifico firmato dalla Scuola politecnica svedese Chalmers di Göteborg, aveva spiegato che un quarto delle emissioni di gas ad effetto serra rilasciate in Europa proviene proprio dagli allevamenti e dal settore agricolo. In particolare, le emissioni di ossido di azoto provenienti dai terreni coltivati e quelle di metano disperse dal bestiame potrebbero raddoppiare di qui al 2070. Ciò se i modelli industriali attuali non dovessero essere modificati. Il che “renderebbe sostanzialmente impossibile centrare gli obiettivi di riduzione delle emissioni fissati dall’Accordo di Parigi”, spiegavano gli scienziati.
Raising the steaks ? (by 25%). EU urged to adopt #meattax to tackle #climate emergency https://t.co/U5hmJ8TEVb
— Tessa Tricks (@Tessatricks) February 5, 2020
È per queste ragioni che l’organizzazione non governativa True animal protein price coalition (Tapp coalition) ha lanciato una proposta radicale. L’introduzione di una tassa sulla vendita della carne. Che sia in grado di aumentare del 25 per cento il prezzo di una bistecca di manzo. Secondo quanto riferito dal quotidiano inglese The Guardian, numerose associazioni ambientaliste sostengono l’idea. E chiedono che la nuova imposta venga integrata nel nuovo Green new deal europeo.
A sostegno della proposta, l’associazione ha presentato uno studio condotto dall’istituto di ricerca indipendente Ce Delft, con sede nell’omonima città dei Paesi Bassi. Secondo il quale una simile imposta permetterebbe agli stati di raccogliere 32 miliardi di euro all’anno. Con i quali si potrebbero avviare programmi finalizzati a consentire agli allevatori e ai consumatori, rispettivamente, di produrre e mangiare carne di migliore qualità e a minor impatto. E, soprattutto, di avviare progetti di trasformazione degli allevamenti in siti di produzione vegetale.
L’analisi ha infatti analizzato i costi del settore degli allevamenti, in termini di emissioni di gas ad effetto serra, inquinamento atmosferico e idrico, nonché perdita di biodiversità. Per compensare tali danni, occorrerebbe far sì che il prezzo della carne di manzo aumenti di 47 centesimi di euro ogni cento grammi. Quello della carne di maiale dovrebbe crescere invece di 36 centesimi euro, mentre per i volatili sarebbe necessaria una crescita di 17 centesimi.
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Gli autori del documento ipotizzano inoltre che grazie alla tassa il consumo di carne bovina diminuirebbe del 67 per cento nell’Unione europea entro il 2030. Per la carne di maiale e quella volatile, invece, i cali previsti sarebbero del 57 e del 30 per cento. Il che, conclude il direttore della Tapp coalition, Jeroom Remmers, garantirebbe anche vantaggi dal punto di vista della salute pubblica: “Gli europei mangiano almeno un 50 per cento in più di carne, rispetto alle quantità raccomandate”.
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