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Uno studio americano ha rivisto al rialzo le emissioni di metano causate dagli allevamenti intensivi. Le conseguenze sul clima potrebbero essere devastanti.
Le emissioni di metano derivanti dalle attività di allevamento, corresponsabili del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici, sono più importanti di quanto immaginato finora. A spiegarlo è uno studio scientifico pubblicato alla fine di settembre sulla rivista Carbon Balance and Management, secondo il quale il valore relativo al 2011 è superiore di ben undici punti percentuali rispetto alle precedenti stime. Queste ultime, infatti, erano basate su vecchi dati pubblicati dall’Ipcc (Intergovernmental panel on climate change), riferiti ormai a più di dieci anni fa.
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“In numerose regioni del mondo la quantità di bestiame presente è cresciuta. E anche gli stessi animali sono via via di taglia più grande, il che significa, di conseguenza, che essi hanno bisogno di mangiare quantità più importanti di cibo. A ciò si devono poi aggiungere alcuni cambiamenti intervenuti nei sistemi di gestione degli allevamenti: il tutto spiega l’incremento delle emissioni”, ha affermato al quotidiano francese 20Minutes Julie Wolf, ricercatrice del ministero dell’Agricoltura degli Stati Uniti e principale autrice del documento.
Il problema non è di poco conto: il metano, infatti, è un gas ad effetto serra che resiste meno nell’atmosfera rispetto alla CO2, ma che – nel periodo in cui è attivo – è capace di produrre un riscaldamento 25 volte superiore a quello generato dal biossido di carbonio. Si tratta, in altre parole, di un fattore particolarmente pericoloso per l’equilibrio climatico globale. Già nel 2015, d’altra parte, l’Ipcc aveva sottolineato come il metano rappresenti il 16 per cento del mix di gas ad effetto serra presente nell’atmosfera.
Il dito è puntato in particolare sulle regioni che stanno conoscendo un rapido sviluppo economico: “Le emissioni di metano derivanti dagli allevamenti – ha precisato Hassem Asrar, direttore Joint Global Change Research Institute del Maryland – sono cresciute fortemente soprattutto in Asia, America Latina e Africa. Al contrario, gli aumenti risultano meno importanti negli Stati Uniti e in Canada, mentre un leggero calo è stato registrato nell’Europa occidentale”.
Secondo quanto riportato dal quotidiano Le Monde, Dave Reay, docente presso l’università di Edimburgo, ha commentato i risultati dello studio ricordando come il nodo della questione è legato ad un cambiamento culturale che l’uomo deve affrontare in materia di abitudini alimentari. “L’umanità – ha spiegato – mangia via via più carne e più latticini, il che comporta conseguenze particolarmente gravi per l’ambiente. Dobbiamo capire che, nell’ambito della lotta ai cambiamenti climatici, ridurre le emissioni di metano derivanti dagli allevamenti è importante quanto costruire pale eoliche o panelli solari”.
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