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I ranger sono caduti vittima di un’imboscata mentre si trovavano nel più importante santuario della fauna selvatica della Repubblica Democratica del Congo.
Sono centosettanta i ranger assassinati negli ultimi venti anni nel parco nazionale di Virunga, nella Repubblica Democratica del Congo, patrimonio dell’Unesco e che ospita alcuni degli ultimi esemplari di gorilla di montagna (Gorilla beringei beringei). Sono i numeri di una guerra, una guerra silenziosa, combattuta lontano dai nostri occhi e dalle cui sorti dipende la sopravvivenza di queste enormi e bellissime scimmie antropomorfe. Lo scorso 9 aprile il parco ha vissuto il più violento attacco della sua storia, cinque ranger e un autista, ragazzi che avevano tra i 22 e i 30 anni, sono stati uccisi in un’imboscata, mentre un sesto ranger, seppur ferito in maniera grave, è sopravvissuto.
I ranger e gli altri dipendenti del parco, guidati dal direttore Emmanuel de Mérode, rischiano quotidianamente la vita per proteggere i gorilla di montagna e la preziosa biodiversità della riserva naturale dagli attacchi dei bracconieri. “Siamo profondamente rattristati per la perdita dei nostri colleghi – ha dichiarato Emmanuel de Mérode – il parco di Virunga ha perso alcuni ranger straordinariamente coraggiosi che erano impegnati a lavorare al servizio delle loro comunità. È inaccettabile che i ranger di Virunga continuino a pagare il prezzo più alto in difesa del nostro patrimonio comune”.
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I funzionari del parco credono che l’attacco sia opera delle milizie popolari Mai Mai. Sono in molti però a non vedere di buon occhio il lavoro dei ranger, dai gruppi armati ribelli, ai bracconieri, fino all’industria del carbone. Bracconaggio e terrorismo sono strettamente legati e spesso i proventi della caccia illegale servono a finanziare le attività dei gruppi armati.
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