Il calo nella domanda dell’elettrico è stato determinante. Tre anni fa Volvo era stata tra le prime case automobilistiche ad annunciare l’abbandono ai motori termici.
Zone a basse emissioni, in Europa aumentano le restrizioni per auto inquinanti. Il punto in Italia
In crescita le zone a zero o a basse emissioni per ridurre l’inquinamento, con divieti per veicoli vecchi e inquinanti. In ritardo l’Italia. Ecco i dati raccolti da Clean Cities
Puntuale, arriva a fine luglio lo studio prodotto dalla coalizione europea Clean Cities relativo alle zone a basse emissioni. Si tratta di una fotografia utile per comprendere le misure e le politiche messe in campo dalle varie città per ridurre l’inquinamento e contrastare la crisi climatica attraverso la decarbonizzazione dei trasporti. A una prima lettura i dati risultano incoraggianti. Infatti, vediamo che oltre 300 città europee hanno una zona a basse emissioni (in inglese LEZ low-emission zone) e che il numero andrà crescendo rapidamente, tanto da superare le 500 città nel 2025. Ma c’è di più. Scopriamo che, tra il 2030 e il 2035, quasi trenta città europee di Paesi Bassi, Regno Unito, Francia e paesi scandinavi trasformeranno le loro zone a basse emissioni in zone a zero emissioni, di fatto impedendo alle auto inquinanti di accedere alla propria area urbana.
In questo panorama – incoraggiante sì, ma che dà anche la misura di quanto sia necessario attivarsi per un repentino cambiamento – c’è però una nota dolente che ci riguarda da vicino. l’Italia, infatti, resta in coda.
Zone a basse emissioni, come impattano su clima e salute
“The development trends of low- and zero-emission zones in Europe”, ovvero “Le tendenze di sviluppo delle zone a basse e zero emissioni in Europa”, si chiama così il report di Clean Cities. Dai dati emerge che nel corso dell’ultimo decennio queste zone sono diventate uno strumento sempre più diffuso di regolazione del traffico e riduzione degli inquinanti dell’aria, inclusi il biossido di azoto (NO2) derivato dalle emissioni di NOx, e i particolati, PM10 e PM 2.5. Di conseguenza in queste aree sono diminuite le emissioni di gas serra che impattano sul clima ed è migliorata la qualità dell’aria che incide fortemente sulla salute delle persone.
Per esempio a Londra le emissioni di CO2 del settore dei trasporti si sono ridotte del tredici per cento solo nei primi sei mesi di attività della Ultra Low-Emission Zone (ULEZ). A Milano sono crollate del 22 per cento dopo l’introduzione di Area C.
Come funzionano le zone a basse emissioni
Le zone a basse emissioni sono uno strumento di restrizione del traffico veicolare che vieta, salvo eccezioni, la circolazione a determinate categorie di veicoli inquinanti all’interno di un’area urbana definita. A differenza della zona a traffico limitato (ZTL) con cui abbiamo confidenza in Italia, in queste aree le auto ci possono entrare se rispettano determinati criteri, per cui devono appartenere a una certa classe di inquinamento con riferimento alla normativa europea (Euro 0 – Euro 6). In Francia e in Spagna leggi ad hoc obbligano già da ora i centri urbani a dotarsi di misure di restrizione del traffico inquinante.
Cosa manca in Italia
In Italia si registra un numero elevato di misure di restrizione del traffico inquinante, anzi il più elevato d’Europa. Si contano infatti 172 lez ma il problema è che molti divieti riguardano i soli mesi invernali e specifiche fasce orarie. Poche sono le “vere” zone a basse emissioni sul modello di Area C e Area B a Milano. Ciò che manca sono i controlli sistematici (ad esempio tramite varchi elettronici) o almeno regolari da parte della polizia locale. Inoltre manca una comunicazione efficace rivolta ai cittadini e, guardando al futuro, mancano piani per il rafforzamento nel tempo delle restrizioni.
Infatti nessuna città italiana al momento ha programmato di trasformare le Lez in zone a zero emissioni entro il 2030. Eppure ben nove città italiane sono state recentemente selezionate dalla Commissione Europea per la missione “100 Climate-Neutral and Smart Cities”, impegnandosi a raggiungere la neutralità climatica (vale a dire, zero emissioni nette) entro il 2030. Sono Bergamo, Bologna, Firenze, Milano, Padova, Parma, Prato, Roma e Torino.
“È evidente che se le città italiane fanno sul serio, non potranno raggiungere la neutralità climatica senza eliminare dalle proprie aree urbane i veicoli inquinanti nell’arco di questo decennio. Si tratta di una sfida complessa, ma tecnologicamente alla nostra portata. Servono lungimiranza, coraggio politico e attenzione al creare una transizione giusta che non lasci indietro nessuno” afferma Claudio Magliulo, Responsabile italiano della campagna Clean Cities, ribadendo che nelle nostre città è ora di ricominciare a respirare.
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