Cosa è successo a Orlando, teatro di una delle peggiori sparatorie nella storia degli Stati Uniti

Centinaia di persone si sono riunite fuori dal locale gay Pulse a Orlando, in Florida, per ricordare le vittime dell’attacco del 12 giugno 2016. Perché Omar Mateen ha sferrato una delle peggiori sparatorie nella storia degli Stati Uniti?

Orlando, città con più di 250mila abitanti nello stato della Florida, negli Stati Uniti, è stata teatro di una sparatoria in cui 49 persone hanno perso la vita e più di 50 sono state ferite nelle prime ore della giornata di domenica 12 giugno 2016. L’attacco ha avuto luogo in un locale gay, il Pulse – che rimane chiuso – per mano del 29enne Omar Mateen, che è poi stato ucciso dai poliziotti. L’attacco è fra le peggiori sparatorie nella storia degli Stati Uniti (l’Fbi definisce “omicidio di massa” un evento in cui vengono uccise almeno quattro persone al di fuori dell’aggressore).

A un anno di distanza centinaia di persone sono tornate sul luogo dell’evento per partecipare a una cerimonia di commemorazione in cui sono stati letti i nomi di tutte le persone che hanno perso la vita. Si è tenuta poco dopo le 2:00 del mattino, l’ora in cui Mateen ha sferrato l’attacco.

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Un anno dopo

Il 12 giugno il governatore della Florida Rick Scott ha ordinato che le bandiere venissero esposte a mezz’asta e la città di Orlando ha proclamato il primo anniversario “Orlando united day — a day of love and kindness” (Orlando unita – un giorno di amore e gentilezza). “Dalla mattina del 12 giungo 2016 ci siamo uniti per sostenere e manifestare amore per i sopravvissuti, le famiglie delle vittime e i soccorritori in moltissimi modi”, così ha scritto il sindaco di Orlando Buddy Dyer sul suo blog. “Abbiamo mostrato e continuiamo a mostrare al mondo che cosa sono la compassione, l’amore e l’unità”.

Cos’è successo a Orlando 

Il 12 giugno 2016 Mateen ha fatto ingresso nel Pulse verso le 2:00 del mattino e armato di un mitra e di una pistola ha ucciso 49 persone e ne ha ferite 53. L’attacco è andato avanti per tre ore prima che la polizia facesse irruzione nell’edificio con un mezzo blindato, neutralizzando l’aggressore. Durante l’assedio Mateen ha chiamato il 911 (il numero di emergenza negli Stati Uniti) giurando fedeltà allo Stato Islamico (Isis). Ha anche menzionato gli attentatori della maratona di Boston, i fratelli Dzhokhar e Tamerlan Tsarnaev, che piazzarono bombe durante la maratona del 2013 uccidendo 3 persone e ferendone più di 260.

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Una manifestazione per ricordare le vittime dell’attacco di Orlando a New York. Sul cartello la scritta, disarmiamo l’odio © Drew Angerer/Getty Images

Chi era Omar Mateen

Omar Mir Seddique Mateen è nato nella città americana di New York nel 1986 da genitori afgani e si era da poco trasferito a Fort Pierce, in Florida, prima di compiere il massacro. Sebbene abbia parlato dell’Isis durante la sua chiamata al 911, non è ancora chiaro se l’atto abbia avuto motivazioni religiose. La sua ex moglie, Sitora Yusufiy, con cui è stato sposato dal 2009 al 2011, ha dichiarato alla Cnn un anno fa che anche se Mateen era un musulmano praticante non credeva che questo fosse stato il movente dell’attacco. Ha anche aggiunto che era un marito violento e che credeva avesse problemi mentali.

Mateen era stato fermato e interrogato dalla polizia due volte, nel 2013 e nel 2014, ma non era stato segnalato come soggetto pericoloso. Lavorava dal 2007 come agente per una società di sicurezza privata, G4S Secure Solutions, e aveva comprato legalmente due pistole nelle due settimane precedenti all’attacco.

Un atto di terrore e odio

L’allora presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha tenuto una conferenza stampa alla Casa Bianca il 12 giugno 2016, allora la quindicesima in otto anni per esprimere cordoglio dopo una strage: “È stato un atto di terrore e odio”. Ha anche aggiunto che “non siamo ancora in grado di stabilire le motivazioni precise del killer”.  

 

Ha anche parlato del significato del luogo dell’attacco:

“È un giorno doloroso per gli americani che sono lesbiche o gay, transgender o bisessuali. Il luogo dell’attacco era più di un semplice locale, era un posto di solidarietà ed empowerment.

Questo ci ricorda che gli attacchi a qualsiasi americano […] è un attacco contro tutti noi, contro i valori fondamentali della dignità che identificano il nostro paese.”

Obama ha anche puntualizzato le cause più profonde dell’attacco. “Questo massacro ci ricorda quanto sia facile per chiunque mettere le mani su un’arma”. Ancora una volta, la cultura non regolamentata delle armi negli Stati Uniti si è celata dietro una tragedia incomprensibile.

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