
Lo rivela uno studio che ha analizzato il consumo di cibi ultra-trasformati e lo stato di salute di 450mila europei.
Come si riconosce un miele di ottima qualità? Quali sono le sue proprietà nutrizionali e perché è considerato più salutare dello zucchero? Ecco sette buoni motivi per mangiarlo. Ogni giorno, senza esagerare.
Di curiosità sul miele ce ne sarebbero tantissime da raccontare. Si tratta di un alimento apprezzato fin dall’antichità per le sue virtù terapeutiche. Ma anche il suo utilizzo in cucina affonda le radici nel passato: conosce il suo massimo splendore nel Rinascimento, periodo storico in cui l’Italia vanta i cuochi più rinomati d’Europa. Questi maestri dell’arte culinaria consideravano il miele un ingrediente di prestigio, non solo un dolcificante. Lo abbinavano abitualmente alle carni arrosto, al pesce per esaltarne il sapore, addirittura lo inserivano nelle zuppe e nelle minestre.
Oggi, che gli studi scientifici ne hanno esaltato le caratteristiche, nutritive, organolettiche e benefiche per l’organismo, il miele si è rivelato, ancora più di prima, un alimento sano e gustoso, da non farsi mancare. Vi spieghiamo perché.
Paragonato allo zucchero, il miele vince sotto molti punti di vista: mentre il primo è formato da solo saccarosio, il secondo contiene numerosissime sostanze diverse come fruttosio, glucosio, maltosio, acidi organici, vitamine, oligoelementi, enzimi, fitostimoline ormonali, sostanze aromatiche. La sua composizione lo rende un superalimento, energetico perché può essere immediatamente assorbito senza digestione ma soprattutto ricco di preziose sostanze vitali.
La scienza moderna, studio dopo studio, ha confermato le virtù terapeutiche attribuite al miele già in tempi antichi, e ne ha scoperte di nuove: è antianemico, antimicrobico, disinfettante intestinale, riequilibratore generale dell’organismo, antinfettivo, antiacido per lo stomaco, antibiotico e tonico digestivo. Inibisce germi pericolosi come lo streptococco e lo stafilococco. E’ febbrifugo, sedativo, regolatore del tono psichico e del funzionamento degli organi sessuali femminili, calmante per la tosse, rilassante. Aiuta il fegato a neutralizzare l’alcol, gli additivi chimici e la nicotina. Se è di qualità, previene addirittura le carie.
Uno studio coordinato dalla dottoressa Renata Alleva e supportato da Conapi, il Consorzio che riunisce oltre 600 apicoltori in Italia, ha dimostrato che i polifenoli contenuti nel miele attivano la riparazione del DNA danneggiato dall’esposizione ai pesticidi. Analizzando il contenuto e il profilo polifenolico, con il relativo potere antiossidante, di quattro varietà di miele (acacia, castagno, bosco, arancio) gli studiosi hanno scoperto che il miele più ricco di antiossidanti è quello di bosco. Dopo aver verificato come l’esposizione delle cellule ai pesticidi porti alla formazione di radicali liberi dell’ossigeno (ROS) e alla formazione di lesioni al DNA, la ricerca ha dimostrato che l’aggiunta di polifenoli estratti dal miele nel sistema cellulare inibisce la formazione di ROS, attiva i sistemi di riparazione ed elimina il danno al DNA. Per testare in vivo questo risultato, i ricercatori hanno poi coinvolto un campione di residenti della Val di Non, persone particolarmente esposte ai pesticidi utilizzati nella coltivazione intensiva delle mele. I volontari hanno mostrato alti livelli di residui di pesticidi nelle urine e una diminuita attività di riparazione del DNA. E’ stato chiesto loro di consumare 50 grammi di miele di bosco biologico (2mg di estratto di polifenoli) per 10 giorni, al termine dei quali sono state effettuate le analisi di controllo. Ne è emersa un’aumentata attività di riparazione del DNA con conseguente riduzione del danno: un’ulteriore conferma che il miele può fare da scudo contro questo tipo di minaccia ambientale. Lo studio ha previsto la somministrazione di una dose di miele calibrata per essere quasi una sorta di farmaco su misura per gli abitanti di zone molto esposte ai pesticidi, ma secondo l’autrice dello studio chiunque può trarre beneficio dall’assunzione di miele, in minori quantità, perché i polifenoli agiscono a livello preventivo e non solo curativo.
Indica che è genuino e non ha subito trattamenti termici di conservazione. I mieli ricchi di fruttosio, come acacia castagno, melata, tendono a rimanere liquidi più a lungo rispetto a quelli ricchi di glucosio, come tarassaco, tiglio, rododendro, corbezzolo, cardo, che cristallizzano prima. Ma quando un miele non è stato pastorizzato, prima o dopo, tende sempre a cristallizzare. La pastorizzazione viene effettuata in appositi impianti riscaldando alla temperatura di circa 75°C il miele lavorato e, contrariamente a quanto accade per altri alimenti, nel miele non viene condotta per soddisfare finalità igenico-sanitarie e di conservazione, ma per venire incontro a necessità commerciali, come ad esempio il poter disporre di un miele liquido il più a lungo possibile, la standardizzazione del sapore, e così via. La pastorizzazione, però, peggiora le qualità organolettiche e nutritive del miele. Il miele cristallizzato, risulta meno dolce e più fresco al palato di quello liquido e all’occorrenza, può essere riportato allo stato liquido scaldandolo a bagnomaria a temperatura inferiore a 40°C.
E anche le virtù salutari variano: se le piante da cui provengono i fiori hanno proprietà curative, queste si sommano a quelle di base del miele, rendendolo ancora più specifico nei confronti delle diverse affezioni. Ad esempio il miele di acacia è regolatore intestinale e funziona bene contro le irritazioni della gola; quello di castagno favorisce la circolazione sanguigna, mentre d’arancio è sedativo nervoso, utile in caso di insonnia e palpitazioni. Il miele millefiori è ricostituente ed energeico, antinfiammatorio per la gola e indicato negli stati di affaticamento, stanchezza, mancanza di appetito. E così via per le altre qualità di miele. Per offrirci questi doni, ogni ape visita più di mille fiori in un giorno.
In particolare dai residui di acaricidi, consentiti nell’apicoltura convenzionale. Per essere certificato bio, un miele deve provenire da un alveare distante non meno di 3 chilometri da strade ad alta percorrenza, impianti industriali, colture estensive specializzate (dove potrebbero essere utilizzati fertilizzanti chimici); le arnie devono essere costruite in materiali naturali e non si possono utilizzare, per il trattamento dei materiali, antibiotici, antiparassitari e altri prodotti che possano lasciare residui nocivi nel miele; le api non possono essere uccise nella fase di estrazione dei favi; non devono essere usati ogm e il prodotto finale non può essere miscelato, microfiltrato o pastorizzato.
Sono circa quaranta le varietà floreali che caratterizzano il miele italiano e che fanno del Belpaese un territorio esclusivo per biodiversità e qualità dei mieli prodotti. Lavanda, rosmarino, tiglio, rododendro, arancio, castagno, corbezzolo, marruca, sulla, asfodelo, limone, nespolo, tarassaco, cardo, timo… sono solo alcuni di questi. A cui si aggiunge il miele millefiori, che raggruppa la somma della fioritura stagionale di un particolare territorio. Negli altri Paesi del mondo, anche se di buona qualità, il miele non può vantare tutte queste sfumature, sensoriali, organolettiche e terapeutiche.
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