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Le conseguenze dei cambiamenti climatici rischiano di distruggere per sempre gli ultimi ghiacciai del continente africano.
Desertificazione, erosione delle coste, prosciugamento dei bacini lacustri: sono solo alcuni degli effetti provocati dai cambiamenti climatici nel continente africano. Il riscaldamento globale, infatti, sta minacciando anche i ghiacciai dell’Africa e, se non ci saranno interventi e investimenti in infrastrutture idrometeorologiche in tempi estremamente rapidi, entro il 2040 i ghiacciai e i nevai del Kilimangiaro in Kenya e Tanzania, del monte Rwenzori in Uganda e del monte Kenya spariranno per sempre. È l’allarme lanciato dall’Organizzazione meteorologica mondiale (Omm), in un report stilato insieme ad altre agenzie.
Il testo dell’indagine condotta dall’Omm è estremamente preoccupante perché, oltre a mettere in guardia su quella che potrebbe essere una perdita inestimabile del patrimonio naturalistico planetario, allerta anche su quelle che saranno, nel breve periodo, le conseguenze dei mutamenti climatici per la popolazione locale.
L’Africa è vittima dell’emergenza climatica che si sta registrando e denunciando nel mondo: il continente africano vanta infatti un tasso di riscaldamento molto più alto rispetto a quello degli altri continenti, sebbene sia responsabile soltanto del 4 per cento delle emissioni globali. E il prezzo più alto del peggioramento della crisi climatica lo stanno pagando le genti africane: a spiegarlo è proprio la relazione dell’Organizzazione meteorologica mondiale.
“Durante il 2020, gli indicatori climatici in Africa sono stati caratterizzati da un continuo riscaldamento delle temperature, accelerazione dell’innalzamento del livello del mare, eventi meteorologici e climatici estremi come inondazioni, frane e siccità e relativi impatti devastanti”, ha dichiarato il professor Petteri Taalas, segretario generale dell’Omm. “Il rapido restringimento degli ultimi ghiacciai rimasti nell’Africa orientale, che si prevede si fonderanno completamente nel prossimo futuro, segnala la minaccia di un cambiamento imminente e irreversibile per il sistema Terra”.
E a queste parole drammatiche hanno fatto seguito quelle di Josefa Sacko, commissario per l’economia rurale e l’agricoltura presso la commissione dell’Unione africana, che ha contribuito a stilare il report e ha dichiarato: “Entro il 2030 si stima che fino a 118 milioni di persone estremamente povere saranno esposte alla siccità, alle inondazioni e al caldo estremo in Africa se non verranno prese misure adeguate”.
L’indagine è stata resa pubblica a meno di due settimane dall’apertura della Cop 26 a Glasgow, la conferenza sul clima delle Nazioni Unite che, alla luce di quanto emerso dall’inchiesta pubblicata nelle ultime ore, ci si augura possa intervenire radicalmente e in tempi celeri per invertire la rotta e mettere un freno alla distruzione del patrimonio ambientale e anche umano del continente. Se così non sarà le conseguenze del disastro climatico che si sta abbattendo sull’Africa saranno incalcolabili e irreversibili.
E a dirlo, da anni, sono gli attivisti africani come Vanessa Nakate, che continua a chiedere che vengano presi in considerazioni gli appelli che arrivano dal sud del mondo, dove i danni dei cambiamenti climatici sono già in atto. Il 27 settembre, in apertura della conferenza Youth4Climate a Milano, Nakate ha ribadito il suo pensiero gridandolo in questo modo: “I disastri ambientali di questi anni causeranno tantissime migrazioni climatiche ed estinzioni di specie animali e vegetali, e a quel punto: chi pagherà?”.
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