
Per la prima volta nel 2025 si celebrano le più grandi fonti di acqua dolce del pianeta, che fronteggiano la sfida dei cambiamenti climatici.
Il territorio dell’Iraq è tra i più vulnerabili all’impatto della crisi climatica. Per proteggerlo, il governo vuole piantare 5 milioni di alberi e palme.
Per proteggere il territorio dell’Iraq dall’impatto della crisi climatica, il governo ha avviato un piano per la piantumazione di 5 milioni di alberi e palme. A dare l’annuncio, domenica 12 marzo, è stato il primo ministro Mohammed Shia Al-Sudani.
L’Iraq è uno dei paesi al mondo più vulnerabili all’impatto dei cambiamenti climatici, sia in termini fisici sia in termini finanziari. Lo mette nero su bianco la Banca mondiale.
Il problema principale sta nella siccità che persiste ormai da anni, accompagnata peraltro da una scarsa qualità della poca acqua a disposizione. Una siccità dovuta sia ai cambiamenti climatici sia alla costruzione di dighe, in Turchia, Siria e Iran, che limitano la portata dei corsi d’acqua. Il Tigri e l’Eufrate, i fiumi noti per essere stati la culla della civiltà dell’antica Mesopotamia, potrebbero non esistere più entro il 2040. Il paese dunque potrebbe ritrovarsi senza alcun fiume, su un territorio complessivo di oltre 438mila chilometri quadrati, più dell’Italia e della Grecia messe insieme.
Tutto ciò rischia di compromettere pesantemente le rese agricole e, di conseguenza, la sicurezza alimentare e la crescita economica, ricorda la Banca mondiale. Il governo sostiene che più di 7 milioni di abitanti (su un totale di 42 milioni) abbiano perso parte del proprio reddito derivante dall’agricoltura e dalla pesca. La siccità è accompagnata anche da temperature più alte della media storica e tempeste di sabbia.
Tra alberi e palme, sono cinque milioni le piante che verranno messe a dimora. L’agenzia Bloomberg, che riporta la notizia, non specifica quale sarà l’arco temporale di questa operazione. “Abbiamo lanciato il progetto di sviluppo della vegetazione con l’obiettivo di combattere la desertificazione, attraverso contratti importanti con aziende internazionali specializzate, soprattutto nelle aree in cui localmente si verificano tempeste di sabbia”, spiega Al-Sudani nel comunicato. Promettendo anche di organizzare una conferenza regionale sul clima a Baghdad.
L’Iraq ha un’economia storicamente legata al petrolio e, nell’arco dell’ultimo decennio, ha quasi raddoppiato la produzione. Un business i cui proventi finiscono soltanto in minima parte nelle tasche degli abitanti che, anzi, sono provati da anni di conflitti, violenze e disuguaglianze. Anche le emissioni di CO2 del paese sono più che raddoppiate nell’ultimo decennio: oggi il rapporto tra emissioni e prodotto interno lordo (pil) è uno dei più alti, se messo a paragone con paesi vicini per area geografica o simili per livello di sviluppo. Sempre nel corso della conferenza stampa di domenica, Al-Sudani ha promesso di costruire pannelli solari a sufficienza per coprire un terzo del fabbisogno energetico del paese entro il 2030. Ma anche di proteggere la biodiversità e ammodernare gli impianti di irrigazione, ormai obsoleti.
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