Australia e Tuvalu confermano l’intenzione di adottare il primo trattato al mondo che concede asilo climatico. Ma c’è ancora un ostacolo da superare.
Antartide a rischio, bloccato il progetto per la più grande riserva marina del mondo
La riserva avrebbe protetto specie minacciate e aiutato a mitigare i cambiamenti climatici, ma il divieto di pesca sarebbe stato sgradito ad alcune nazioni.
Sarebbe stata la più grande area protetta del pianeta, avrebbe difeso un’enorme porzione del Mare di Weddel, in Antartide, e protetto numerose specie minacciate, come balenottere azzurre, orche, pinguini e foche leopardo, ma anche il krill, piccolo crostaceo alla base della catena alimentare marina, ci avrebbe infine aiutato a contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici, poiché quelle acque assorbono enormi quantità di anidride carbonica dall’atmosfera. Ma, purtroppo, il progetto per l’istituzione del santuario marino in Antartide è stato bloccato, il responso è arrivato in seguito all’ultima riunione della Commissione per la conservazione delle risorse marine dell’Antartide (Ccamlr), svoltasi pochi giorni fa in Tasmania.
Il santuario che non c’è
La creazione dell’area protetta era stata proposta dall’Unione europea e da Greenpeace, che aveva lanciato una petizione rivolta ai membri dell’Antarctic ocean commission. La riserva avrebbe dovuto estendersi per 1,8 milioni di chilometri quadrati, una superficie cinque volte più grande di quella della Germania, e al suo interno sarebbe stata categoricamente bandita ogni attività di pesca commerciale.
C’è chi dice no
Proprio il divieto di pesca potrebbe essere all’origine della mancata approvazione del progetto, che necessitava di un sostegno unanime. Secondo Greenpeace, che aveva raccolto oltre due milioni di firme, Russia, Cina e Norvegia hanno avuto un ruolo chiave nel bloccare la proposta, limitandosi a fare ostruzionismo e senza presentare un’opposizione fondata su basi scientifiche. “Era un’opportunità storica per creare la più grande area protetta del pianeta, salvaguardare la fauna selvatica, affrontare il cambiamento climatico e migliorare la salute dei nostri oceani globali”, ha commentato con rammarico Frida Bengtsson, responsabile della campagna Protect the Antarctic ocean di Greenpeace.
For the first time ever, countries are coming together to negotiate a global oceans treaty. If they get it right, it’ll pave the way for a vast network of ocean sanctuaries covering one-third of the world’s oceans!
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— Greenpeace (@Greenpeace) 4 September 2018
Non è ancora finita
La Commissione per la conservazione delle risorse marine dell’Antartide non ha ancora commentato la decisione, ha tuttavia precisato che “i membri continueranno a valutare le proposte e il progetto del santuario sarà di nuovo preso in considerazione in occasione della riunione del prossimo anno”.
Catena trofica a rischio
Il divieto di pesca avrebbe consentito ai sovrasfruttati ecosistemi marini di rigenerarsi. La pesca industriale minaccia, tra le altre creature, il krill, termine con cui si indicano diverse specie di minuscoli crostacei che non superano in media i 5 centimetri di lunghezza. Questi organismi sono alla base della catena alimentare e da loro dipende la vita marina antartica, sono infatti la fonte primaria di cibo per molti mammiferi marini, pesci e uccelli. Il krill viene pescato a ritmi insostenibili per nutrire i pesci d’allevamento, per creare integratori alimentari e mangimi per animali domestici. Tra i paesi particolarmente attivi in questo tipo di pesca ci sono Norvegia, Cina, Corea del Sud e Russia, proprio quelli che si sono opposti all’istituzione del santuario ricordandoci, una volta di più, come la conservazione di un patrimonio di tutta l’umanità venga dopo circoscritti interessi commerciali.
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