Nel campo profughi di Burj al-Barajneh, le donne palestinesi preparano pasti e distribuiscono aiuti alle persone in difficoltà nella città di Beirut.
In Australia le miniere stanno distruggendo centinaia di siti aborigeni
Più di 400 siti sacri agli aborigeni – alcuni risalenti a prima dell’era glaciale – sono minacciati da progetti di nuove miniere.
Quando la società mineraria Rio Tinto ha distrutto un sito roccioso sacro agli aborigeni nella gola di Juukan in Australia, nessuno ci ha fatto troppo caso. Ci sono voluti dei mesi prima che le comunità di aborigeni ottenessero un’indagine federale. Il sito, infatti, era di massima importanza archeologica dal momento che riportava tracce umane antiche di 46mila anni. Probabilmente era stato devastato uno dei siti più antichi mai scoperti dall’uomo, per fare posto all’ennesima miniera di ferro. La vicenda ha scatenato un’ondata di indignazione globale che è costata alla Rio Tinto una rivolta degli azionisti che ha causato una perdita di 7 milioni di dollari australiani (oltre 4 milioni di euro) e le dimissioni dell’amministratore delegato e di due alti dirigenti.
In seguito allo scandalo, diverse società minerarie operanti nella zona, quali Bhp e Fortescue, oltre alla stessa Rio Tinto, hanno affermato che avrebbero smesso di scavare nella zona storica di Juukan Gorge. Ma secondo la professoressa Marcia Langton, una delle figure accademiche indigene più influenti in Australia, le aziende minerarie stanno solo aspettando che si plachi l’indignazione popolare e non appena l’attenzione dell’opinione pubblica si sposterà su qualcos’altro, gli scavi riprenderanno e così le devastazioni di siti storici antichissimi.
Rio Tinto continues to face considerable backlash after destroying a 46k yr old Indigenous heritage site. In this excellent Full Story, Lorena Allam, @callapilla and @gabriellecj look at the shockwaves across the mining industry https://t.co/FZSr1W75YR
— Laura Murphy-Oates (@lauramoates) September 24, 2020
Oltre 400 siti aborigeni in 10 anni
Le compagnie minerarie hanno danneggiato oltre 400 siti negli ultimi 10 anni. A essere presa di mira è la catena montuosa Hamersley, nella regione di Pilbara, zona ricca di ferro ma allo stesso tempo ricca di reperti, alcuni datati addirittura prima dell’ultima era glaciale. Eppure nei contratti di locazione mineraria di Rio Tinto sono inclusi 13.300 siti etnografici e culturali della zona di Pilbara, una delle nove regioni dell’Australia occidentale, la maggior parte viene ignorata perché nessuno si è mai battuto per rivendicarne l’importanza. Fortescue gestisce più di 5.900 siti all’interno dell’area patrimonio degli aborigeni, mentre Bhp ne gestisce circa 8mila.
Secondo gli esperti di patrimoni aborigeni, pochissimi siti vengono studiati nel dettaglio prima che venga data l’autorizzazione alla loro distruzione. “Ogni gruppo di indigeni ha luoghi culturalmente preziosi che ora sono inaccessibili o scomparsi o arroccati sul bordo di un sito minerario”, afferma la dottoressa Kathryn Przywolnik, responsabile del patrimonio per gli aborigeni Wintawari Guruma corporation. “Se c’è un insegnamento da trarre dalla devastazione della gola di Juukan è che ciò ha puntato i riflettori su qualcosa che altrimenti sarebbe stato ignorato”.
Permessi superficiali
La risposta del governo australiano è stata poco efficace. Il ministro per gli Affari aborigeni della Western Australia, Ben Wyatt, ha affermato di non avere intenzione di verificare tutte le approvazioni concesse fino ad ora. Wyatt ha lamentato che ciò produrrebbe “un sacco di lavoro” e che tanto “non c’è nulla che io possa fare legalmente per intervenire su di loro e sulla loro utilizzazione”.
“I sondaggi vengono fatti superficialmente e non forniscono un quadro completo dell’importanza di un sito” aggiunge Przywolnik. “A Ngajanha Marnta o Spear Hill il ministro ha firmato la richiesta di Fortescue di distruggere una dozzina di rifugi rocciosi senza conoscere il contenuto di nessuno di essi”. Secondo la studiosa, tutte le società si stanno espandendo notevolmente e non si tratta solo della distruzione di siti che si trovano sul percorso “ma anche di luoghi adiacenti a strade o miniere che vengono danneggiati o compromessi a causa della vicinanza delle miniere”, conclude l’esperta.
Siti privi di protezione
Secondo la Western Australian Chamber of Minerals and Energy, più di 100mila ettari del Pilbara sono stati oggetto di indagini preliminari, rendendo la regione australiana una delle più controllate. Eppure si tratta di meno del 20 per cento della sua superficie totale. Spesso così l’importanza di un sito viene scoperta solo a scavo già iniziato, come è successo a Juukan Gorge, dove sono emersi 7mila manufatti preistorici sei mesi dopo che a Rio Tinto era stata concessa l’approvazione per distruggere il sito.
Ma poiché tali informazioni sono arrivate dopo che l’approvazione era stata concessa, la compagnia mineraria non ha dovuto cambiare i suoi piani e ha proceduto con gli scavi suscitando l’indignazione della comunità internazionale. Dimostrando come questi siti naturali, di fatto, sono privi di qualunque protezione.
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