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Dopo la sospensione della carbon tax voluta dal governo di Canberra, l’Australia ha visto un aumento delle proprie emissioni di CO2 e del consumo di elettricità, in netta controtendenza rispetto al declino degli ultimi sei anni. I dati provengono da una società di consulenza energetica, la Pitt & Sherry, che monitorando il mercato elettrico
Dopo la sospensione della carbon tax voluta dal governo di Canberra, l’Australia ha visto un aumento delle proprie emissioni di CO2 e del consumo di elettricità, in netta controtendenza rispetto al declino degli ultimi sei anni.
I dati provengono da una società di consulenza energetica, la Pitt & Sherry, che monitorando il mercato elettrico australiano ha affermato che i consumi continueranno a crescere. Secondo il rapporto della società, le emissioni di anidride carbonica sono aumentate dello 0,8 per cento negli ultimi due mesi, a causa del minor utilizzo delle fonti rinnovabili e di una ripresa dell’utilizzo del carbone.
Lo scorso luglio, con l’abrogazione della carbon tax, l’Australia ha sollevato i circa 300 più grandi emettitori di CO2 del Paese dall’obbligo di pagare per le proprie emissioni inquinanti.
Il mese scorso, un rapporto commissionato dal governo ha suggerito che l’Australia rinunciasse agli obiettivi di utilizzo del 20 per centro di energia rinnovabile previsti per il 2020. Con questo trend, inoltre, il Paese potrebbe non riuscire a ridurre le proprie emissioni di CO2 del 5 per cento rispetto al livelli del 2000, sempre entro il 2020.
Il ministro dell’Ambiente Greg Hunt non ha commentato la relazione della Pitt & Sherry; il governo prevede di attuare una nuova serie di politiche climatiche, utilizzando i 2,38 miliardi di dollari (americani, pari a 2,55 miliardi di dollari australiani) del fondo pagato finora dai grandi emettitori.
Ma una serie di rapporti sulla situazione hanno concluso che la nuova politica di Hunt non riuscirebbe a raggiungere gli obiettivi, senza investimenti molto più ingenti.
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