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È cupo il quadro dipinto dal rapporto Bes 2016 dell’Istat. La ripresa economica c’è, ma una fascia troppo grande della popolazione resta ai margini.
Un paese sempre più diviso, in cui le fasce più deboli non riescono a risollevarsi. È cupo il ritratto dell’Italia che emerge dal rapporto Bes 2016, presentato il 14 dicembre dall’Istat. Soprattutto per quanto riguarda il benessere economico.
Il Bes (Benessere equo e sostenibile) è un esperimento tutto italiano per trovare un indice di sviluppo alternativo al pil. Il prodotto interno lordo infatti misura il valore complessivo dei beni e dei servizi prodotti all’interno di un paese. Ma non sempre ciò equivale al benessere della popolazione. Elaborato da Istat e Cnel e lanciato nel 2013, il Bes è molto diverso. Viene determinato a partire da dodici dimensioni, ciascuna delle quali contiene una serie di indicatori (in tutto sono 134):
Si leggono alcuni dati decisamente allarmanti nel capitolo del Bes 2016 sul benessere economico del nostro paese. L’Italia ha vissuto una crisi più lunga e profonda rispetto ai suoi vicini di casa, dove la ripresa – pur difficile – è iniziata già nel 2009. Da noi, i primi segnali di miglioramento sono arrivati solo tra il 2014 e il 2015 e non coinvolgono ancora le fasce più deboli della popolazione.
Il reddito disponibile e il potere d’acquisto delle famiglie sono in ripresa; anche per questo gli italiani sono più prudenti e ci pensano due volte prima di indebitarsi. Ma la povertà rimane. Nel 2015 più di 4 milioni e mezzo di persone sono nella fascia della povertà assoluta, un record che non si toccava da almeno dieci anni. Una su dieci, invece, è in condizioni di “grave deprivazione materiale”. Stiamo parlando soprattutto di famiglie numerose e stranieri. Nel Mezzogiorno il reddito medio disponibile pro capite delle famiglie consumatrici è il 63 per cento di quello delle famiglie residenti al Nord, con valori particolarmente bassi in Campania, Calabria e Sicilia. I valori di reddito più elevati, per contro, si trovano in Alto Adige, Lombardia ed Emilia-Romagna.
Il reddito, soprattutto, è distribuito in modo iniquo. Uno dei problemi più gravi del nostro paese è quello della diseguaglianza, che a sua volta aumenta il rischio di povertà, in una sorta di circolo vizioso.
Siamo ormai arrivati alla quarta edizione del rapporto Bes e si segnalano due importanti novità rispetto agli scorsi anni.
Innanzitutto, gli indicatori di benessere equo e sostenibile non sono più la cenerentola, ma entrano a pieno titolo nella stanza dei bottoni. L’articolo 14 della riforma della legge di bilancio, entrata in vigore lo scorso settembre, li inserisce tra gli strumenti di programmazione e valutazione della politica economica nazionale.
La seconda novità arriva dalle Nazioni Unite, che nell’autunno del 2015 hanno approvato i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdgs) che guardano al 2030. Visto che le analogie sono molteplici, l’Istat ha diffuso una prima batteria di indicatori di sviluppo sostenibile per il nostro paese, con l’intento di arrivare nei prossimi mesi a una mappatura complessiva.
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