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Nel 2020 il termovalorizzatore di Sesto San Giovanni si spegnerà e lascerà il posto a una piattaforma dedicata alla bioeconomia. Una transizione industriale importante, per cui sono stati interpellati i cittadini.
Un intervento di riconversione industriale può sembrare qualcosa di davvero tecnico, arduo da comprendere per chi non ha alle spalle studi di ingegneria. E, in parte, lo è. Le cose cambiano però quando quel progetto non si trova in qualche sconosciuta città dall’altra parte dell’Oceano, ma letteralmente dietro casa, a pochi chilometri dal bar dove si fa colazione al mattino e dalla scuola elementare frequentata dai propri figli. A quel punto, le persone hanno il diritto di capire cosa accadrà. Ne è consapevole Gruppo Cap, la società che gestisce il servizio idrico integrato della Città metropolitana di Milano, che sta lavorando sul futuro green e circolare del termovalorizzatore di Sesto San Giovanni insieme a Core Spa, la società costituita dai comuni di Sesto San Giovanni, Cologno Monzese, Pioltello, Segrate e Cormano. Un’opera vasta e ambiziosa, che merita di essere condivisa con la cittadinanza.
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Nei primi mesi del 2020 il termovalorizzatore di Via Manin si spegnerà. Ma già si lavora sodo sulla sua seconda vita, grazie appunto al gioco di squadra tra Gruppo Cap, Core Spa e le amministrazioni. L’ipotesi di abbandonare l’area era fuori discussione, quindi si è deciso di trasformarla radicalmente, in un’ottica di innovazione ed economia circolare.
Il termovalorizzatore verrà unito al depuratore attiguo, realizzando una piattaforma dedicata alla bioeconomia, di proprietà interamente pubblica. Il nuovo impianto ad alta tecnologia permetterà di smaltire tutti i fanghi di Cap e trasformarli in energia; l’acqua depurata sarà reimmessa nel fiume Lambro o servirà per irrigare le vicine aree verdi. Parallelamente, tratterà la frazione umida dei rifiuti dei comuni limitrofi per produrre biometano. Tutto questo grazie a un investimento consistente, pari a 47 milioni di euro, e al contributo scientifico di università, ricercatori e start up, che potranno sperimentare in loco nuove soluzioni green.
L’ambiente, e i polmoni degli abitanti, ringraziano: rispetto a oggi si prevede una consistente sforbiciata ai fumi e alle emissioni dannose (meno 76 per cento) e l’annullamento delle emissioni climalteranti.
Un progetto così imponente, però, non poteva essere semplicemente calato dall’alto. Fin dall’inizio i comuni interessati dall’intervento hanno lanciato la proposta di coinvolgere i cittadini, compresi tutti quelli che normalmente non hanno la possibilità di esprimersi in prima persona nelle sedi istituzionali. Gruppo Cap e Core Spa hanno accettato la sfida, che ha come esito il processo partecipativo BioPiattaformaLab.
Senza dubbio è affascinante l’idea di dare voce ad associazioni, gruppi, comitati e, più in generale, agli abitanti del luogo. Metterla in pratica però è tutt’altro che semplice. Per questo i comuni hanno deciso di farsi accompagnare da Nimby Forum, un think tank che si è specializzato proprio nella cosiddetta “sindrome not in my backyard” (“non nel mio cortile”) e ha già all’attivo una cinquantina di esperienze simili in Italia. Proprio il Nimby Forum ha nominato come coordinatrice del progetto Agnese Bertello, una figura autonoma e super partes.
Tra novembre e dicembre 2018 sono stati organizzati quattro incontri con la cittadinanza: si è iniziato raccogliendo richieste e istanze, per poi approfondire i temi salienti attraverso una serie di laboratori. Al quinto incontro del 22 gennaio 2019 Agnese Bertello ha sintetizzato le riflessioni emerse dal confronto tra abitanti, esperti e tecnici.
È stato quindi il momento di studiare una per una le 89 proposte di carattere ambientale, amministrativo ed economico, per poi formalizzarle e dare un feedback a ciascuna di esse. Trenta sono state inserite negli atti di gara ufficiali, le altre invece seguiranno un iter diverso. Anche in questo caso le scelte sono state spiegate ai cittadini nel corso di un nuovo incontro, che si è tenuto il 2 aprile. Tutti i passaggi sono documentati e possono essere seguiti anche attraverso il sito ufficiale di BioPiattaformaLab.
Con l’estate è iniziata la seconda fase del processo partecipativo. Visto che i cittadini hanno chiesto a gran voce di poter contare su sistemi di monitoraggio e controllo “dal basso” delle attività dell’impianto, si è scelto di costituire i cosiddetti Rab (Residential Advisory Board), organismi consultivi che rappresentano le varie anime del territorio. Ora, però, bisogna mettere a fuoco il modello migliore per questo specifico progetto. Un importante assist arriverà dai protagonisti di alcuni enti di questo tipo già attivi in Italia, che racconteranno la loro esperienza lunedì 8 luglio a Sesto San Giovanni.
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