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Quando una minaccia si profila all’orizzonte, nella savana le gazzelle iniziano a correre per guadagnare terreno sull’aggressore. Dopo l’elezione di Donald Trump, gli Stati Uniti sono diventati la savana e la gazzella è l’Epa. L’Agenzia per la protezione dell’ambiente, al cui vertice il neopresidente americano ha nominato Scott Pruitt, negazionista dei cambiamenti climatici e sostenitore
Quando una minaccia si profila all’orizzonte, nella savana le gazzelle iniziano a correre per guadagnare terreno sull’aggressore. Dopo l’elezione di Donald Trump, gli Stati Uniti sono diventati la savana e la gazzella è l’Epa. L’Agenzia per la protezione dell’ambiente, al cui vertice il neopresidente americano ha nominato Scott Pruitt, negazionista dei cambiamenti climatici e sostenitore dei combustibili fossili, ha accelerato ogni provvedimento emanabile entro il 20 gennaio, data d’insediamento del tycoon newyorkese alla Casa Bianca. Iniziative tra le quali spicca la conferma degli standard di emissioni per le autovetture del futuro.
L’Epa ha emesso una proposta ufficiale per confermare gli standard di emissioni definiti nel 2012 e relativi ai veicoli prodotti nel quadriennio compreso tra il 2022 e il 2025. Una mossa a sorpresa, dato che la scadenza per questa disposizione era prevista nel 2018, salutata con entusiasmo dalle associazioni ambientaliste e accolta con qualche perplessità dai costruttori. Così facendo, l’Agenzia ha imposto dei parametri tutt’altro che secondari per il mondo automotive, definendo l’orizzonte della mobilità americana. Tenendo conto di come un nuovo modello richieda almeno cinque anni di investimenti per passare dalla progettazione alla produzione in serie, è evidente come il provvedimento incida sin da subito sull’operatività delle case auto che, non è un mistero, dopo l’avvento di Trump speravano in un ammorbidimento delle disposizioni.
Ora l’Epa ha trenta giorni per ascoltare i pareri e le obiezioni dei costruttori, dopodiché formalizzerà la propria proposta così che possa diventare legge prima del definitivo passaggio di consegne da Barack Obama a Donald Trump. Il candidato repubblicano, uscito vincente dal confronto con Hillary Clinton, ha da sempre espresso dure critiche nei confronti dell’Agenzia e non ha fatto mistero di essere intenzionato a rivedere la politica ambientale di Washington. La nomina del negazionista Pruitt, non a caso, è interpretata da molti osservatori come una prima mossa per smantellare l’ente. Certo è che se la proposta dell’Epa venisse convertita in legge, l’amministrazione Trump, una volta pienamente operativa, avrebbe sì gli strumenti legislativi per intervenire a posteriori, ma la “deregulation” si tramuterebbe in un processo laborioso, basato sulla messa in discussione delle evidenze scientifiche. Tutt’altro che una passeggiata.
La decisione dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente scaturisce dalla costatazione dell’assenza di ragioni valide per la modifica degli standard relativi alle emissioni di gas serra per il periodo 2022-2025. L’analisi tecnica ha infatti evidenziato come i costruttori siano sostanzialmente in linea con il rispetto degli stringenti limiti a fronte, oltretutto, di costi simili quando non inferiori a quanto previsto nel 2012. Una valutazione che si colloca nell’alveo dell’elettrificazione della mobilità, fortemente sostenuta dall’amministrazione Obama. Ora cosa accadrà? L’orizzonte è colmo di nubi. In attesa della tempesta Trump…
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