![I cambiamenti climatici rendono più fragili le foreste: spetta a noi tutelarle](https://cdn.lifegate.it/Uo8O3bcCWmXU02BcE2tjGePvH2w=/470x315/smart/https://www.lifegate.it/app/uploads/2024/07/foreste-fao.jpg, https://cdn.lifegate.it/qqdIw0SCwubwy7bixl7Zzz9dx0A=/940x630/smart/https://www.lifegate.it/app/uploads/2024/07/foreste-fao.jpg 2x)
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Dagli scatti satellitari della Nasa si nota che lo strappo nello strato di ozono si sta ricucendo. Gli scienziati prevedono che il buco non si richiuderà prima del 2065.
Lo strato di ozono sopra i cieli dell’Antartide sembra stia
guarendo. Grazie alle immagini satellitari che la Nasa
mette a disposizione ogni giorno, si deduce
che quest’anno la media dell’estensione è stata di soli 17,9
milioni di chilometri quadrati, mentre il massimo non ha superato i
21,2 milioni, come Canada, Stati Uniti e Messico messi insieme. Va
ricordato che il record storico venne toccato il 24 settembre 2006
quando sfiorò i 30 milioni di chilometri quadrati.
Ottimi risultati anche secondo l’Agenzia americana per gli
oceani e l’atmosfera secondo cui uno dei motivi risiederebbe nella
temperatura più calda registrata negli strati più
bassi dell’atmosfera sul continente antartico, oltre che negli
effetti positivi derivanti dalla messa al bando dei
clorofluorocarburi (Cfc) avvenuta grazie all’entrata in vigore del
Protocollo di Montréal nel 1989. Dal prossimo
anno verranno messi al bando anche i loro sostituti (Hcfc) nella
speranza che ciò contribuisca a rendere irreversibile la
chiusura del
buco nell’ozono.
Secondo Paul Newman della Nasa, “il buco
è stato causato principalmente dal cloro prodotto
dagli impianti industriali e i livelli di questa sostanza sono
ancora rilevabili nella stratosfera antartica. Quest’anno le
naturali fluttuazioni atmosferiche hanno portato a riscaldare la
stratosfera e a ridurre il buco dell’ozono”. Gli scienziati
prevedono che il buco, scoperto per la prima volta alla fine degli
anni settanta, non si richiuderà prima del 2065.
Lo strato di ozono serve a proteggere la Terra dai raggi
ultravioletti che, se non filtrati, causano danni sia alle piante,
rallentando il processo di fotosintesi clorofilliana, che alla
salute delle specie animali, uomo compreso.
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