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Stati Uniti, la nazionale femminile di calcio vince la partita della parità di genere
Dopo anni di battaglie, le atlete della nazionale di calcio americana percepiranno lo stesso stipendio dei colleghi maschi. “Se noi vinciamo, tutti vincono”.
- Finalmente le giocatrici della nazionale di calcio americana percepiranno lo stesso stipendio della rappresentativa maschile.
- Si chiude così una battaglia iniziata tre anni fa e guidata da Megan Rapinoe, stella indiscussa del calcio statunitense.
- Se negli Stati Uniti molto si muove, in Italia siamo ancora praticamente fermi.
Dopo la Coppa del mondo in Francia del 2019, la nazionale femminile di calcio degli Stati Uniti porta a casa un’altra importante vittoria. Questa volta sul fronte della parità di genere. Finalmente le giocatrici percepiranno lo stesso stipendio della rappresentativa maschile: si è chiuso così un braccio di ferro iniziato tre anni fa, a pochi mesi dall’inizio del mondiale in terra francese, quando ventotto calciatrici avevano intentato una class action contro la politica discriminatoria della Federcalcio americana.
Una tacita ammissione della disparità di trattamento
In un comunicato, la Us soccer ha confermato il proprio impegno “a fornire d’ora in poi la parità di retribuzione per le squadre nazionali femminili e maschili in tutte le amichevoli e i tornei, compresa la Coppa del mondo”. Ma non si tratta solo di un impegno futuro: nell’accordo è stato pattuito anche un risarcimento per le differenze salariali fino ad ora non percepite.
Le calciatrici, infatti, riceveranno un pagamento forfettario di oltre 24 milioni di dollari (poco più di 21 milioni di euro) che sarà distribuito secondo le modalità proposte dalle giocatrici dell’associazione Uswnt. Di questi, 22 milioni di arretrati – ogni calciatrice potrà richiedere fino a 50mila dollari – e 2 milioni destinati a un fondo a beneficio delle giocatrici a fine carriera. Al di là del buon esito della vicenda, si tratta di una tacita ammissione della disparità di trattamento subita per anni rispetto ai colleghi uomini.
L’ex capitana Megan Rapinoe, stella indiscussa del calcio statunitense, è stato il simbolo di questa lotta per l’uguaglianza di genere. E non a caso è stata fra le prime a far sentire la propria voce: “Quando guarderemo indietro a questo giorno, noi diremo che questo è il momento in cui il calcio statunitense è cambiato in meglio. Una cosa come questa non capiterà mai più, e ora noi possiamo andare avanti nel rendere il calcio il miglior sport possibile negli Stati Uniti. Quando noi vinciamo, tutti vincono”.
Negli Usa la nazionale femminile è più famosa di quella maschile
Scarpa d’oro, pallone d’oro e attivista della comunità Lgbtq+, Rapinoe si era apertamente schierata contro l’amministrazione Trump nel corso del mondiale francese, contestando le politiche della Casa Bianca in materia di immigrazione e di diritti delle minoranze. Posizioni che avevano fatto molto rumore, anche perché negli Usa – caso raro – la squadra di calcio femminile è decisamente più conosciuta di quella maschile, non fosse altro che per i titoli conseguiti: ben quattro mondiali (tra cui gli ultimi due giocati, nel 2015 e nel 2019) e quattro ori olimpici, con i colleghi maschi fermi a un terzo posto conquistato nella prima edizione del campionato del mondo, quella del 1930 in Uruguay.
“Ovviamente non possiamo tornare indietro e annullare le ingiustizie che abbiamo dovuto affrontare, ma sappiamo che qualcosa del genere non accadrà mai più”, ha detto ancora Rapinoe. Le ha fatto eco la compagna di squadra Alex Morgan, per la quale l’accordo è “un monumentale passo avanti nel sentirsi apprezzate e rispettate, che ricuce il nostro rapporto con la Us soccer”. Ora il movimento calcistico femminile americano è già proiettato al prossimo passo: invertire la tendenza non solo a livello di squadre nazionali, ma anche di club.
Ovviamente la partita si annuncia ancora più dura, alla luce delle contrattazioni individuali tra atleti e squadre. Per dare una misura della distanza da colmare, basti pensare che la calciatrice più pagata della lega professionistica, Trinity Rodman (figlia dell’ex stella del basket Nba), a Washington percepisce 285mila dollari all’anno; Gonzalo Higuain, ex conoscenza del campionato italiano, guadagna a Miami 4,7 milioni di dollari. Oltre 16 volte in più.
In Italia siamo lontani, fermi al riconoscimento del professionismo
Se negli Stati Uniti molto si muove, in Italia siamo ancora praticamente fermi. È vero che (finalmente) è stato riconosciuto il professionismo delle sportive, una misura che permetterà alle donne di avere gli stessi diritti dei lavoratori dipendenti, finora riconosciuti solo agli uomini. La battaglia ha visto schierata in prima linea Sara Gama, attaccante della Juventus e della nazionale, e le singole federazioni avranno tempo fino al 31 dicembre del 2022 per mettersi in regola. Ma da noi parlare di parità di salari nel dorato mondo del calcio sembra fantascientifico, almeno per il momento.
E intanto il mondo va in un’altra direzione. Nel 2021 le dieci atlete più pagate a livello globale hanno guadagnato un totale di 167 milioni di dollari lordi, un dato in crescita del 23 per cento rispetto all’anno precedente. Nella top ten, è bene sottolineare, non figurano le stelle della nazionale di calcio femminile statunitense. A dominare la classifica sono le tenniste Naomi Osaka, Serena Williams e la sorella Venus. I montepremi messi in palio negli sport individuali sono ancora molto più alti di quelli destinati agli sport di squadra.
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