Situazione siccità sempre più grave: l’unica buona notizia è che le falde acquifere sono state poco intaccate, ma servono investimenti.
I cambiamenti climatici potrebbero portare alla fine di internet
La risalita del livello degli oceani potrebbe sommergere le infrastrutture americane che garantiscono il funzionamento di internet secondo uno studio.
Niente più email, stop alle ricerche su Google, niente più Facebook e Twitter. Tra le innumerevoli conseguenze dei cambiamenti climatici che nei prossimi decenni si potrebbero manifestare ce n’è una che probabilmente la maggior parte di noi non aveva immaginato: la fine di internet.
A new study says that in just 15 years, roughly 4,000 miles of fiber-optic cables in US coastal cities could be underwater. https://t.co/mOHZlkmFa7
— WIRED (@WIRED) July 23, 2018
Negli Stati Uniti, entro 15 anni infrastrutture sott’acqua
Lo scenario – che, tenuto conto delle abitudini digitali diffuse ormai nel mondo intero, appare apocalittico – è stato indicato da uno studio dell’università dell’Oregon e del Wisconsin, negli Stati Uniti. Secondo l’analisi pubblicata dai ricercatori americani, entro quindici anni le infrastrutture fisiche che garantiscono il funzionamento della Rete in tutto il mondo potrebbero risultare inutilizzabili.
Ciò per via della risalita del livello degli oceani, causata dallo scioglimento dei ghiacci polari dipeso a sua volta dalla crescita della temperatura media globale. Secondo le stime degli esperti, infatti, il livello degli oceani potrebbe salire di ben 65 centimetri di qui al 2100. Ad oggi, la crescita è pari a tre-quattro millimetri all’anno. E negli ultimi 25 anni, i mari si sono già alzati di circa sette centimetri.
Incrociate le mappe delle fibre ottiche con le previsioni della Noaa
Nel loro studio, gli scienziati si sono concentrati in particolare sul caso degli Stati Uniti. Per cercare di immaginare l’impatto su internet della crescita del livello dei mari hanno incrociato le mappe dei cavi in fibra ottica presenti nelle città costiere con quella predisposta dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa). Relativa, appunto, all’evoluzione degli oceani nei prossimi decenni. Ebbene, il risultato indica che parte di grandi metropoli come New York, Seattle, Miami e Los Angeles potrà risultare sommersa di qui al 2030. Con esse, finirebbero sott’acqua anche i circa seimila chilometri di cavi che sono stati installati nelle loro strade, nonché un migliaio di centri di manutenzione.
Thousands of miles of fiber optic cable—and hundreds of pieces of other key infrastructure—sit squarely in the path of rising seas.https://t.co/W2S4CPt8nd
— National Geographic (@NatGeoMag) July 17, 2018
Così, per internet non ci sarebbe scampo. Con ripercussioni immediate in tutto il mondo (basti pensare a quanti lavori sono oggi direttamente legati al web). “È necessario cominciare fin da oggi ad attuare piani di mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici”, ha affermato Ramakrishnan Durairajan, uno degli autori della ricerca. “Spesso si immagina che il mondo avrà a disposizione una cinquantina di anni per adattarsi, ma non è così”, gli ha fatto eco il collega Paul Barford.
Internet già bloccato con i passaggi degli uragani Sandy e Irma
Le infrastrutture coinvolte sono state costruite sottoterra, lungo i litorali, circa venti anni fa. Senza pensare minimamente ai rischi legati al clima. In molti casi si tratta di impianti resistenti all’acqua, ma che non sono stati concepiti per rimanere perennemente immersi. Senza dimenticare che in caso di guasti le riparazioni diventerebbero in ogni caso complicatissime.
Già negli anni scorsi, infatti, alcuni eventi meteorologici estremi – come nel caso dell’uragano Sandy a New York– hanno causato black-out sulla Rete. In quei casi erano infatti stati inondati numerosi centri di telecomunicazioni. Stessa situazione capitata con il passaggio dell’uragano Irma in Florida. E che potrebbe ripetersi di nuovo, considerato il previsto aumento della frequenza e dell’intensità dei fenomeni.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Nella mattinata del 25 luglio gli attivisti di Ultima Generazione si sono introdotti nell’aeroporto di Francoforte, rimasto bloccato per alcune ore.
Secondo Copernicus, dal 3 luglio 2023 in poi il record del giorno più caldo (che precedentemente risaliva al 2016) è stato infranto 57 volte.
L’innalzamento del livello dei mari, dovuto alla fusione dei ghiacci ai poli, fa sì che la Terra ruoti più lentamente. E i giorni diventino più lunghi.
I ghiacciai italiani sulle Alpi hanno registrato abbondanti accumuli nevosi. Ma come si inserisce questa stagione in un quadro climatico più ampio?
Il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente certifica che per il decimo anno di fila le temperature sono state più alte della media storica.
Washington cancellerà 35 milioni di dollari di debito estero con l’Indonesia nell’ambito di debt-for-nature. In cambio c’è in ballo la salvaguardia di due grandi barriere coralline.
L’anticiclone africano si è fermato sull’Italia: previste settimane di meteo con temperature altissime e notti tropicali, da almeno 20 gradi.
Nel mese di giugno, secondo il servizio climatico europeo Copernicus, la temperatura media globale ha registrato l’ennesimo record.