Il nuovo rapporto di Antigone denuncia sovraffollamento, suicidi e torture nelle carceri italiane. Mentre scoppia il caso torture al Beccaria.
Carceri, i problemi e le risposte dell’Italia dopo l’appello del Papa
Non passa mai di moda in Italia l’emergenza legata alla situazione delle carceri italiane. Ma a rilanciare la questione in questi giorni è stato non un politico, ma Papa Francesco in persona, che ha chiesto un vero e proprio “atto di clemenza”. Un messaggio che, arrivando da un pulpito tanto importante, ha subito smosso anche
Non passa mai di moda in Italia l’emergenza legata alla situazione delle carceri italiane. Ma a rilanciare la questione in questi giorni è stato non un politico, ma Papa Francesco in persona, che ha chiesto un vero e proprio “atto di clemenza”. Un messaggio che, arrivando da un pulpito tanto importante, ha subito smosso anche la politica, che sta in effetti pensando a un provvedimento su un settore, quello carcerario, in cui i disagi non mancano certo, anche se i numeri dell’affollamento sono in lieve miglioramento.
Bergoglio: siamo tutti peccatori
In occasione del Giubileo dei carcerati, Bergoglio ha detto chiaro e tondo, rivolgendosi proprio “alle autorità civili di ogni paese” ha sottoposto “la possibilità di compiere, in questo Anno santo della misericordia, un atto di clemenza verso quei carcerati che si riterranno idonei a beneficiare di tale provvedimento”. Naturalmente non certo per una questione di sovraffollamento delle carceri, per cui l’Italia è stata più volte sanzionata negli anni dall’Unione Europea, ma per una questione di pietà religiosa: “A volte, una certa ipocrisia spinge a vedere in voi solo delle persone che hanno sbagliato, per le quali l’unica via è quella del carcere – ha aggiunto infatti il pontefice rivolgendosi direttamente ai condannati presenti- Non si pensa alla possibilità di cambiare vita, c’è poca fiducia nella riabilitazione, nel reinserimento nella società. Ma in questo modo si dimentica che tutti siamo peccatori”.
Una legge bloccata da settembre
Basteranno le parole del Papa a riaprire lo spazio per la discussione politica sul tema? Il 26 settembre scorso era arrivato in aula al Senato un disegno di legge sulla riforma del sistema penitenziario, che insisteva molto sull’utilizzo delle pene alternative, come gli arresti domiciliari o la messa in prova (ad esclusione dei reati più gravi, di mafia e terrorismo) ma tutto si è bloccato per la mancata intesa sull’allungamento dei tempi di prescrizione. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando ora cerca di rilanciarla: “Per noi la risposta è la riforma del sistema penitenziario. E’ in discussione al Senato e spero che venga approvata al più presto”, ha detto in una intervista a Porta a Porta. “Papa Francesco ha chiesto di tenere conto della condotta dei detenuti, e una forma per riconoscere la buona condotta è nella riforma del sistema penitenziario”.
Detenuti in calo, ma i problemi restano
In realtà gli attuali numeri delle carceri italiane sono migliori rispetto a qualche tempo: siamo passati dai 67mila detenuti, il tetto massimo mai raggiunto, agli attuali 54mila. Non basta però: secondo Luigi Manconi, presidente della commissione Diritti umani del Senato “in numerose celle, quasi il 50%, il numero di detenuti presenti impone di stare sdraiati sulle brande per consentire agli altri di stare in piedi e muoversi, lo spazio-giorno e lo spazio-notte si sovrappongono. E dentro questa dimensione di promiscuità coatta la possibilità di conservare la dignità viene costantemente messa alla prova”.
A confermarlo sono anche i rapporti del neonato garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, che da marzo a oggi ha visitato 14 istituti di pena per adulti, 17 camere di sicurezza delle Forze di Polizia, 2 istituti di pena per minorenni, una comunità di accoglienza per minori in custodia cautelare, 2 hotspot e 2 Cie per migranti, monitorato 4 voli charter di rimpatrio forzato di migranti. Riscontrando forti criticità in diversi punti, dalla gestione della salute mentale dei detenuti alla mancanza di chiarezza normativa sulla privazione della libertà esercitata negli hotspot, dalla necessità di rafforzare il controllo della magistratura di sorveglianza, al diritto non sempre pienamente garantito a comprendere dove si è e quali sono i propri diritti sia nei centri per i migranti che negli istituti di detenzione.
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