
Il rapporto annuale dell’agenzia Irena indica che il 92,5 per cento dei nuovi impianti installati nel 2024 è legato alle fonti rinnovabili.
Il progetto della centrale a carbone di Saline Joniche, in Calabria è stata ufficialmente archiviata. Un’altra battaglia vinta da chi lotta per il clima.
Il ministero per lo Sviluppo economico ha posto la parola fine al progetto di costruzione della centrale a carbone a Saline Joniche, in provincia di Reggio Calabria, attraverso un documento ufficiale pubblicato il 28 novembre. La richiesta presentata dalla società Sei nel 2008 “per il rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione di una centrale termoelettrica a carbone della potenza di 1.320 megawatt da ubicarsi nel territorio di Montebello Jonico” è stata ufficialmente archiviata.
I movimenti che si sono sempre opposti alla costruzione della centrale possono tirare un respiro di sollievo. L’ultima dimostrazione di dissenso era stata data dall’organizzazione ambientalista Greenpeace quando, a ottobre alcuni, attivisti si erano arrampicati sul camino della fabbrica ex Liquichimica per apporre un enorme striscione con la scritta Stop.
La ex Liquichimica, chiusa negli anni Staettan appartiene a Repower, azienda energetica svizzera, la quale decide di convertirla in una centrale a carbone affidandone la gestione alla sua partecipata italiana Sei (partecipata anche al 20 per cento dal Gruppo Hera). Valore del progetto: oltre un miliardo di euro. Ma nonostante il progetto abbia ottenuto la compatibilità ambientale, l’autorizzazione alla costruzione e, in ultimo, il parere favorevole del Consiglio di Stato, la Repower ha deciso, durante l’assemblea dei soci tenutasi a maggio 2016, di mettere la società in liquidazione. Una decisione adottata in seguito all’esito di un referendum tenutosi nel cantone dei Grigioni attraverso il quale i cittadini svizzeri hanno decretato che le società a partecipazione cantonale non possono investire nella costruzione di centrali a carbone. E così la liquidazione della Sei ha portato all’inevitabile archiviazione del progetto.
“Dopo nove lunghi anni di lotta e resistenza, adesso possiamo finalmente dire che è davvero finita. La centrale a carbone di Saline Joniche non vedrà mai la luce”, commenta il movimento No alla centrale a carbone di Saline Joniche da sempre impegnato a contrastare il progetto.
“Occorre aprire la fase della concertazione e della condivisione con i territori, con gli imprenditori e con le associazioni. Servono proposte reali e concrete che puntino alla bonifica e al rilancio dell’intera area”, ha dichiarato il Coordinamento associazioni area grecanica.
Ma cosa ne farà la Sei dei terreni sui quali doveva sorgere la centrale, a chi saranno venduti o quali progetti sono pensati per essi, al momento non è dato saperlo. Legambiente Calabria e tutti i movimenti che si sono battuti contro la centrale chiedono l’immediata riqualificazione dell’area. In attesa dell’evolversi della situazione – e dell’esito del processo che vede ancora coinvolti tre attivisti – si può dire che il finale di questa storia rappresenta una speranza per chi lotta contro l’inquinamento e si batte per un clima migliore.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Il rapporto annuale dell’agenzia Irena indica che il 92,5 per cento dei nuovi impianti installati nel 2024 è legato alle fonti rinnovabili.
I pannelli fotovoltaici sono la tecnologia verde più utilizzata nella transizione energetica. Ma come smaltirli e riciclarli quando diventano obsoleti?
Il governo vara il ddl che segna l’inizio del ritorno al nucleare, di nuova generazione, per contribuire alla decarbonizzazione. Quali pro e quali contro?
Saudi Aramco, ExxonMobil, Shell, Eni: sono alcune delle “solite” responsabili delle emissioni di CO2 a livello globale.
Il governo vara un decreto per aiutare le famiglie più fragili contro il caro bollette. Ma manca il disaccoppiamento dei prezzi di gas ed elettricità.
Bp aumenterà gli investimenti nei combustibili fossili di circa il 20 per cento, tagliando del 70 per cento quelli nelle rinnovabili.
A cinque anni dall’entrata in funzione di Tap, il progetto di ampliamento della capacità di trasporto di gas riporta l’attenzione sull’opera.
Da una parte, l’Italia stringe un accordo sulle rinnovabili con Emirati Arabi Uniti e Albania. Dall’altra, continua la corsa al gas fossile.
Dopo aver abbandonato il gas russo, l’Austria sta puntando sulle pompe di calore e la geotermia. Un esempio che potrebbe ispirare il resto d’Europa.