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Al governo della Germania dal 2005, Angela Merkel si appresta a guidare il governo con un quarto mandato. La storia della leader conservatrice tedesca.
Angela Merkel ha ottenuto la quarta conferma consecutiva alla cancelleria tedesca. Il suo partito, la Cdu (insieme alla Csu), ha vinto ancora una volta le elezioni, il 24 settembre, il che le consentirà di continuare il suo progetto, cominciato nel 2005, alla guida della prima economia europea. La leader conservatrice dovrà ora decidere con chi formare una coalizione di governo dopo la decisione dei socialdemocratici guidati da Martin Schulz di restare all’opposizione. La coalizione più probabile sembra quella con i liberali e i verdi, entrambi reduci da un exploit elettorale. Una scelta non facile che, però, non deve preoccuparla particolarmente: troppa l’esperienza, troppa la conoscenza del sistema, troppa la certezza di essere ancora una volta il fulcro della politica della Germania per farsi intimidire.
Angela Merkel ha una passione sfrenata per la matematica. Cominciamo allora dalle cifre: in dodici anni passati ricoprendo il posto di cancelliera della Germania – ricorda il quotidiano Libération – ha avuto a che fare con tre presidenti degli Stati Uniti, quattro francesi, altrettanti primi ministri britannici, sei presidenti del consiglio italiani, cinque capi di governo greci, cinque leader del partito socialdemocratico (Spd). Tutti – a parte quelli tuttora in carica – sono caduti, via via, nel corso del tempo. Lei no. La donna che ha fatto della “discrezione” il proprio credo politico è sopravvissuta alla crisi economica, alla Grosse Koalition (i governi di “larghe intese” con l’opposizione), alle relazioni tese con la Grecia “ribelle” sull’orlo del collasso finanziario. Mantenendosi sempre prudente, mai scomposta, mai fuori dalle righe, quasi dimessa. Capace di orchestrare le sfumature in modo politicamente magistrale.
Per comprendere la sublime arte dell’equilibrio merkeliano non c’è miglior esempio del caso dei matrimoni tra omosessuali. Nonostante il suo orientamento di centrodestra, la cancelliera può rivendicare di aver introdotto le nozze gay in Germania (così come il salario minimo e le politiche di accoglienza dei migranti, altri temi che la fine stratega ha sottratto alla sinistra). Tuttavia, al momento di votare si è espressa in modo contrario: “Per convinzione personale”, ha spiegato. “Geniale machiavellismo”, ha commentato la giornalista Marion Van Renterghem, autrice di una biografia sulla leader tedesca.
Angela Merkel si è costruita così l’immagine di un “mistero prevedibile”: poche le apparizioni in televisione, pochissime le interviste rilasciate alla stampa (il quotidiano di sinistra Die Tageszeitung ha dovuto aspettare quattro anni prima di poterne pubblicare una). I weekend passati nella sua villetta nel Brandeburgo arredata con i mobili Ikea, le uscite al supermercato con il carrello in mano e le origini umili (è figlia di un pastore luterano della Repubblica Democratica Tedesca) l’hanno posta agli occhi dei tedeschi come “una di loro”.
Entra in politica relativamente tardi, a 35 anni, con in mano un dottorato in chimica quantistica. All’epoca, vive a Berlino. Berlino Est: è il 1990 e il Muro è appena crollato. La carriera è folgorante: entra nella Cdu della Germania orientale ed è catapultata al posto di portavoce del governo provvisorio di Lothar de Maizière. Resta in carica fino al 2 ottobre, quando interviene la riunificazione. Quindi sarà ministro di Helmut Kohl, il che le varrà il soprannome poco elegante di “Kohls Mädchen”, la “ragazzina di Kohl”. Che, però, sarà artefice di un parricidio politico quando, il 22 dicembre 1999, rivelerà alla Frankfurter Allgemeine Zeitung le pratiche finanziarie poco trasparenti del suo mentore.
Oggi, a 63 anni, può trarre un bilancio degli anni passati al potere. Che hanno consentito certamente alla Germania di consolidarsi come prima potenza continentale. Ma “sulle spalle degli altri”, accusano quelli che vedono nella politica economica aggressiva (soprattutto sul fronte delle esportazioni) una delle principali chiavi del successo tedesco. Assieme al sostegno all’austerità draconiana, fatto di molti “nein” (considerati in alcuni casi spietati, a partire da quelli recapitati alla soffocata Atene) e incarnato dallo storico ministro delle Finanze rigorista Wolfgang Schäuble, in carica dal 2009.
La politica di Angela Merkel, in altre parole, ha avuto dei meriti ma anche molte “altre facce della medaglia”. Anche all’interno della Germania. Di recente, la prestigiosa testata Der Spiegel ha pubblicato un fondo a lei dedicato intitolandolo provocatoriamente: “Die Mutter der Afd”. “La madre dell’Afd”, ovvero colei che potrebbe essere considerata la responsabile ultima del ritorno al Bundestag della destra estrema (giudicata da alcuni neonazista), riunita nel partito Alternative für Deutschland (Afd). Secondo il celebre giornalista tedesco Jakob Augstein, infatti, gli anni della leader della Cdu saranno ricordati come quelli “della brutalità della borghesia, dalla precarizzazione delle classi meno agiate, della disillusione di molti tedeschi in materia di giustizia sociale e di pari opportunità: tutto questo è lo specchio della cancelleria della Merkel. E rappresenta la culla in cui cresce l’Afd”.
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