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Il clima sta cambiando e con lui le politiche delle città, che sono l’asso nella manica nella sfida climatica. L’editoriale di Rossella Muroni, presidente di Legambiente.
Nonostante i cambiamenti climatici in corso e gli impatti sempre più evidenti che hanno sull’ambiente, sulle città e sulla salute dei cittadini, i grandi della Terra faticano a trovare una linea comune da seguire in fede all’Accordo di Parigi. Dopo il summit di Taormina e lo strappo di Donald Trump sull’accordo, anche il G7 Ambiente di Bologna rischia di concludersi con un bilancio piuttosto amaro sul fronte clima, dove si concentrano le principali divergenze tra l’Unione europea e gli Stati Uniti. Il direttore dell’agenzia americana per l’ambiente (Epa), Scott Pruitt, con una visita “toccata e fuga” ha ribadito che la posizione degli Stati Uniti sull’Accordo di Parigi non cambierà. Eppure, che ne dica il Presidente Trump, i cambiamenti climatici non sono una bufala o una “fake news”, ma una realtà concreta da affrontare al più presto attraverso l’impegno congiunto di tutti gli Stati, rispettando gli accordi di Parigi e avviando interventi rapidi e politiche di adattamento.
In questi anni sono aumentati i fenomeni meteorologici estremi e a soffrirne di più sono soprattutto le grandi città, indietro nelle politiche di adattamento ai cambiamenti climatici, e i cittadini che pagano in termini di salute e spesso di vita. Alluvioni, piogge estreme, trombe d’aria, violente nevicate, lunghi periodi di siccità e ondate di calore che persistono per vari giorni e notti si ripetono ormai con sempre più frequenza colpendo l’Italia, Paese ad elevato rischio idrogeologico, ma anche il resto del mondo (come ad esempio la Pennsylvania, New York o Manila nelle Filippine, dove l’alluvione del 2012 ha provocato 300mila sfollati e una ventina di morti). La mappa interattiva sul rischio climatico che Legambiente ha realizzato, riportando gli eventi estremi che negli ultimi anni hanno colpito tutta la Penisola, dal nord al sud Italia, rende bene l’idea insieme al dossier Le città alla sfida del clima. Dal 2010 ad oggi sono stati 126 i comuni italiani colpiti, 242 i fenomeni meteorologici estremi, 56 i giorni di stop di bus e metro e 55 i giorni di blackout elettrici.
I cambiamenti climatici in atto richiedono, dunque, nuove forme di risposta alle emergenze e ai pericoli che incombono anche sulle città. Sono necessarie nuove forme di pianificazione e di gestione delle aree urbane per mettere in sicurezza i cittadini e occorre ridurre gli impatti sui quartieri e sulle infrastrutture dei centri urbani. Perché il clima sta già cambiando e con esso devono cambiare anche le politiche mettendo al centro le città che sono il cuore delle sfida climatica. È qui che si produce la quota più rilevante di emissioni dove l’intensità e la frequenza di fenomeni meteorologici estremi sta determinando danni crescenti, mettendo in pericolo vite umane e provocando gravi danni a edifici e infrastrutture.
Le città non possono essere lasciate da sole a fronteggiare impatti di questa dimensione, per questo è fondamentale approvare il piano nazionale di adattamento al clima che deve diventare il riferimento per gli interventi di messa in sicurezza del territorio e dei finanziamenti nei prossimi anni, per riuscire in ogni città a intensificare le attività di prevenzione, individuando le zone a maggior rischio. È inoltre importante realizzare gli interventi di adattamento al clima e rafforzare il monitoraggio degli impatti sanitari causati dai cambiamenti climatici, con una specifica attenzione alle aree urbane.
Accanto a questi interventi, è anche importante replicare le buone pratiche già in atto in diverse realtà urbane che dimostrano come sia possibile realizzare progetti capaci di dare risposta ai rischi climatici in una prospettiva di miglioramento della vita nelle città. Da Copenaghen a Monaco, da Anversa a Rotterdam per arrivare anche a Milano (piazza Gae Aulenti) o Modena (piazza Roma), sono tanti gli esempi virtuosi che si basano sul mettere in sicurezza un fiume, sul restituire spazi alla natura e alla fruizione dei cittadini, creare quartieri vivibili, anche quando le temperature crescono, grazie agli alberi e all’acqua, a materiali naturali che permettono di ridurre l’effetto isole di calore.
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