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Più clima a scuola: investire nell’istruzione significa trovare soluzioni contro la crisi climatica
Nel suo ultimo rapporto, la Banca mondiale evidenzia gli impatti positivi dell’istruzione quale strategia d’azione contro la crisi climatica.
- Il clima colpisce l’istruzione: centinaia di milioni di studenti affrontano la chiusura delle scuole a causa di eventi climatici estremi.
- Basterebbe investire 18,51 dollari per bambino per proteggere l’apprendimento dai disastri climatici.
- È fondamentale che i governi investano di più sull’educazione ambientale, per sensibilizzare le persone di tutte le età e maturare le competenze necessarie per la transizione ecologica.
Nel 2022, circa 400 milioni di studenti in tutto il mondo hanno dovuto far fronte alla chiusura delle scuole a causa di eventi meteorologici estremi. Un dato allarmante, riportato dal recente rapporto sull’istruzione da parte della Banca mondiale “Choosing our future: education for climate action”, che evidenzia come i cambiamenti climatici stiano colpendo l’istruzione, in particolare nei paesi a basso e medio reddito. Oltre a ostacolare l’accesso alle strutture scolastiche, la crisi climatica rischia di compromettere gravemente l’apprendimento delle nuove generazioni, limitandone la capacità di contribuire a una crescita economica più sostenibile.
Le statistiche di questo fenomeno sono eloquenti: nei paesi a basso reddito, ogni anno gli studenti perdono in media 18 giorni di scuola a causa di eventi climatici estremi, contro i soli 2,4 giorni nei paesi più ricchi. La media globale si attesta su 11 giorni, pari al 6 per cento di un anno scolastico. Questo squilibrio sottolinea l’urgenza di proteggere l’istruzione dagli effetti devastanti del clima: se non si riuscirà a recuperare questo tempo, la perdita di scolarizzazione provocherà un significativo deficit di apprendimento nei bambini dei paesi più poveri. Per esempio, circa 18 giorni sono quelli che occorrono per insegnare a uno studente come sommare numeri a due cifre con riporto.
L’istruzione come leva per il cambiamento e la consapevolezza sul clima
I giovani, che affronteranno disastri naturali con una frequenza maggiore rispetto alle generazioni precedenti, subiscono già oggi le conseguenze di una crisi che compromette il loro futuro economico e sociale. Anche quando le scuole restano aperte, comunque, i cambiamenti climatici erodono la qualità dell’apprendimento: in Brasile, per esempio, uno studente nei municipi più poveri può perdere fino alla metà di un anno di istruzione a causa dell’aumento delle temperature, dice il rapporto della Banca mondiale.
Ma l’istruzione, pur essendo vittima del riscaldamento globale, può rappresentare anche una potente soluzione. Gli autori del rapporto sottolineano come l’educazione abbia il potenziale per innescare un cambiamento comportamentale su larga scala, fornendo le competenze necessarie per orientare l’economia verso percorsi di sviluppo più sostenibili. Ogni anno di istruzione accresce dell’8,6 per cento la consapevolezza climatica. Lo dimostra il fatto che i paesi che investono di più nell’educazione siano anche quelli che osservano progressi significativi nella sensibilizzazione delle comunità sui temi ambientali.
A ogni modo, c’è un divario tra il desiderio dei giovani di agire e la mancanza di competenze necessarie per farlo. In otto paesi a basso e medio reddito, sottolinea il rapporto, quasi il 79 per cento dei giovani ritiene che il proprio paese stia affrontando un’emergenza climatica e il 65 per cento teme per il proprio futuro se non acquisirà competenze “verdi”. Allo stesso tempo, il 60 per cento degli studenti afferma di non aver ricevuto un’adeguata formazione su questi argomenti.
Questo scenario nasconde due gravi insidie. La prima riguarda il divario di responsabilità: sebbene gli impatti peggiori si stiano verificando nei paesi a basso reddito (che, tra l’altro, ospitano l’85 per cento dei bambini del mondo), tali paesi sono responsabili di una minima parte delle emissioni di anidride carbonica. I dieci paesi maggiormente esposti a eventi climatici estremi contribuiscono collettivamente solo allo 0,5 per cento delle emissioni globali. La seconda insidia è legata alla disinformazione: quasi il 47 per cento degli insegnanti in Bangladesh e il 41 per cento in Uganda ritiene che la copertura mediatica sul tema della crisi climatica sia esagerata.
Questa combinazione genera un effetto domino che va ad aggravare la mancanza di conoscenza in fatto di clima. Sebbene i giovani siano desiderosi di agire, sono spesso impreparati. Circa l’88 per cento degli studenti delle scuole secondarie in Bangladesh facenti parte del campione analizzato dalla Banca mondiale vuole contribuire alla lotta contro la crisi climatica, ma solo il 32 per cento è in grado di rispondere correttamente a una domanda di base sui gas serra. Anche i docenti sono in difficoltà: quasi l’87 per cento degli insegnanti in sei paesi a basso e medio reddito analizzati dal rapporto della Banca mondiale afferma di parlare di clima nelle proprie lezioni, ma il 71 per cento non è abbastanza preparato sul tema.
Nonostante ciò, questa situazione evidenzia anche un’opportunità: il potenziale dell’educazione ambientale. Il rapporto della Banca mondiale fornisce esempi concreti di come le attività di sensibilizzazione sul clima rivolte ai bambini riescano a influenzare positivamente i loro comportamenti e anche quelli dei loro genitori.
Soluzioni concrete per tutelare il diritto allo studio
Dunque, nonostante il quadro preoccupante, le soluzioni esistono. A partire dagli investimenti: secondo il rapporto, basterebbe investire 18,51 dollari per bambino per proteggere l’apprendimento dai disastri climatici. Pacchetti di adattamento più avanzati, ma più costosi, avrebbero un costo compreso tra 45,68 e 101,97 dollari per studente. Questi pacchetti includono il controllo delle temperature negli edifici, la resilienza delle infrastrutture, l’apprendimento a distanza e la formazione degli insegnanti. Mentre i primi due elementi riducono il rischio di chiusure scolastiche dovute al clima, tutti e quattro contribuiscono a mitigare le perdite di apprendimento. I costi potrebbero essere inferiori per quei sistemi scolastici che già dispongono di alcune misure di base. Per riferimento, i paesi a basso reddito spendono in media 51,80 dollari per studente all’anno, mentre i paesi ad alto reddito ne spendono 8.400.
Un altro aspetto cruciale risiede nell’integrazione delle competenze verdi nei curricula scolastici. Nonostante la convinzione diffusa che solo le competenze cosiddette “Stem” (science, technology, engineering e mathematics) siano necessarie per i “green jobs”, la realtà è diversa. La transizione verde richiede circa 100 milioni di nuovi posti di lavoro, oltre alla riqualificazione di altri milioni di lavoratori. Le competenze verdi sono ampie e includono tanto abilità tecniche quanto socio-emotive e trasversali. Tuttavia, gli insegnanti sono divisi: in otto paesi a basso e medio reddito, circa il 45 per cento ritiene che il clima debba essere una materia separata, mentre gli altri sostengono che dovrebbe trasversale e quindi integrata nelle discipline esistenti.
Infine, l’adattamento delle infrastrutture scolastiche è una priorità per garantire la continuità dell’apprendimento. Modificare gli edifici per far fronte alle nuove condizioni climatiche – come l’installazione di sistemi di ventilazione o la costruzione di strutture resilienti alle inondazioni – è essenziale per ridurre le interruzioni e migliorare l’ambiente educativo.
Il rapporto della Banca mondiale invia un messaggio chiaro: l’istruzione è una leva fondamentale non solo per affrontare i danni causati dal clima, ma anche per innescare l’azione necessaria a mitigarne gli effetti. Investire oggi nell’istruzione, adattando le scuole e formando i giovani, rappresenta una delle soluzioni più efficaci per costruire un futuro sostenibile. Con interventi mirati e costi relativamente contenuti, i decisori politici possono proteggere l’istruzione e gettare le basi per una crescita economica più verde e resiliente.
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